Reggio Calabria, la vicenda del progetto di una centrale Termoelettrica a carbone si avvia alla conclusione

StrettoWeb

“Dopo quasi 8 anni di lotte la vicenda del progetto di una centrale Termoelettrica a carbone che la SEI Spa vorrebbe costruire a Saline di Montebello Jonico si avvicina alla sua conclusione. Nel lontano 19 giugno 2008 la S.E.I. S.p.A. presentava al Ministero dello Sviluppo Economico, una domanda per l’autorizzazione, alla costruzione e all’esercizio di una centrale termoelettrica alimentata a carbone, della potenza di 1320 Mwe, e delle relative opere connesse, localizzata in Saline Joniche del Comune di Montebello Jonico (RC). Anche grazie alla forte pressione della società civile, raccordata dalle associazioni del territorio costituite nel Coordinamento Associazioni Area Grecanica – NO CARBONE, la quasi totalità della amministrazioni coinvolte (la Regione Calabria, la Provincia, la citta di Reggio Calabria, i comuni di Montebello Jonico, Motta San Giovanni, Bagaladi, San Lorenzo e Condofuri) firmavano un documento congiunto nel quale manifestavano il loro dissenso alla realizzazione del progetto, dissenso che poi la Regione concretizzava nella delibera della Giunta Regionale con la quale negava l’”intesa forte” necessaria per la realizzazione del progetto. Nonostante la ferma opposizione della Regione Calabria veniva avviato il sub procedimento di VIA che non sortiva alcun esito per la presenza di ben due pareri contrari del Ministero dei beni culturali”, scrive in una nota il Coordinamento Associazioni Area Grecanica-No Carbone. “Il governo Monti -prosegue la nota- con il DPCM del 15 giugno 2012 decretava la compatibilità ambientale e l’autorizzazione all’ esercizio per la centrale. Il Coordinamento Associazioni Area Grecanica – NO CARBONE in quell’occasione presentava ricorso al Tar Lazio per l’annullamento di tale provvedimento, così come facevano altre Associazioni ambientaliste nazionali Legambiente, Greenpeace e WWF e la Regione Calabria. Il TAR Lazio, con la sentenza n. 03402/2015 annullava il DPCM, ma, a seguito dell’’appello della SEI, il Consiglio di Stato con la sentenza N. 01779/2016 riteneva la legittimità del provvedimento di compatibilità ambientale ribadendo che l’autorizzazione all’esercizio della centrale a carbone può essere concessa solo previa un’intesa forte tra lo Stato e la regione Calabria. Durante questi otto anni si è creato una sinergia tra associazioni e movimenti a sostegno del NO alla centrale di Saline Joniche che hanno travalicato non solo i confini calabresi ma, addirittura quelli italiani. Il 13 giugno 2014 dalla Svizzera ci arrivava un segnale di civiltà: il popolo del Cantone dei Grigioni con un referendum votava contro la possibilità che le società a partecipazione cantonale potessero investire nella costruzione di centrali a carbone fuori dal territorio elvetico, in tal modo obbligando la Repower, socio di maggioranza della SEI SpA, a uscire dal progetto della centrale. Il 15 gennaio 2015 il Consiglio Comunale di Rimini, sotto la pressione del Comitato Acqua Pubblica Emilia Romagna e di Re-Common, votava una delibera che impegnava il Sindaco a contestare la partecipazione di HERA spa (multiutility a rilevante partecipazione pubblica e secondo azionista della SEI) e intimare l’uscita dal progetto per la centrale di Saline.

 È di pochi giorni fa l’annuncio del Presidente del Consiglio di Amministrazione di Repower che nel corso dell’annuale assemblea dei soci tenutasi il 13 maggio 2016, della messa in liquidazione della SEI SpA. Questa notizia –aggiunge la nota-non ci può far pensare che tutto è finito: il procedimento per l’autorizzazione è ancora pendente e il progetto con le autorizzazioni ed i pareri già ottenuto ben può essere venduto ad altra società (se non è già stato fatto). Dopo quasi 8 anni di lotta è giunto il momento di porre fine a questa vertenza che pende sul futuro dello sviluppo sostenibile della Calabria. Per questi motivi, il Coordinamento NO CARBONE chiede alla Regione Calabria la riattivazione del procedimento di concertazione per concludere l’iter decisorio sull’autorizzazione all’esercizio allo stato “interrotto” (per come definito dalla sentenza del Consiglio di Stato) e che, se riattivato e portato a termine con le attuali normative non potrà che portare ad un rigetto della domanda di autorizzazione ancora pendente presso il Ministero dello Sviluppo Economico, così come votato nelle delibere del Consiglio Regionale della Calabria che hanno sempre sostenuto la volontà della Regione di negare l’intesa alla autorizzazione“, conclude la nota.

Condividi