La voce dei migranti racconta Reggio Calabria come porto di speranza [VIDEO]

StrettoWeb

Sono sempre di più i migranti che sbarcano nei porti di Reggio Calabria e Messina, dividendo l’opinione pubblica. Tantissimi pregiudizi per altrettante storie di speranza

MigrantiGli ultimi 950 sono arrivati al porto di Reggio Calabria lo scorso 7 maggio. L’afflusso di migranti è sempre maggiore nello Stretto di Messina: si imbarcano in veri e propri viaggi della speranza, sia per il sentimento con cui salgono su gommoni e navi, sia per le difficoltà che sono disposti ad affrontare pur di scappare dalle loro terre in cerca di qualcosa di migliore. Qualcosa che spesso non sanno nemmeno cosa sia.
È quello che raccontano ai nostri microfoni alcuni di questi ragazzi: si incontrano per strada, sorridono ma con lo sguardo attento. Non sanno di chi si possono fidare e da chi dovrebbero fuggire, non conoscono le intenzioni di quei pochi che si approcciano loro. Parlano soltanto il francese, anche se capiscono chi gli parla in inglese, e hanno una vaga idea dell’Italia e della Calabria: sanno che la vita qui è dura, ma sempre meno dura – dicono – di quella nella loro terra natia.
Fanno parte di un insieme che rappresenta un’urgenza per l’Italia e per tutta Europa, da poco redarguita sulla chiusura arbitraria delle frontiere. Molti li guardano di traverso, li considerano come invasori, venuti a rubare i già pochi posti di lavoro disponibili. La confusione dovuta al grande flusso di informazioni dei media fa temere che sulle navi della Marina Militare, che li recuperano e li accompagnano nei porti disponibili, si nascondano militanti dell’ISIS e malintenzionati, come se di delinquenza soprattutto nelle nostre terre non ce ne fosse già abbastanza.
Ma quei pochissimi che decidono di superare i pregiudizi e si avvicinano loro con un minimo di curiosità, scoprono che non si tratta che di persone normali, con alle spalle storie pesanti. Persone che hanno investito tutti i loro in un biglietto che gli dà la possibilità, non la certezza, di una vita migliore. Non così diversi da padri, nonni e bisnonni che si sono imbarcati su transatlantici diretti verso l’America meno di un secolo fa. Si imbarcano per un viaggio in cui la metà dei passeggeri sa che probabilmente non arriverà a destinazione: non solo uomini, ma anche donne e, soprattutto, bambini. E cosa può far prendere a una madre la decisione di mettere il proprio figlio in pericolo, se non la consapevolezza che rimanere a casa sarebbe peggio?
Questa è la storia comune di tanti individui particolari, ognuno con caratteri e caratteristiche diverse, ognuno con un diverso approccio alla vita. Questa è la storia di persone normali, colpevoli solo di essere nati in terre in cui la civiltà assume significati diversi rispetto a quello europeo. Ma non c’è altro freno possibile ai pregiudizi e alle generalizzazioni se non quello della cultura e dell’informazione, spesso strumentalizzate, ma comunque unica chiave per la libertà.

L’itervista ad alcuni immigrati arrivati in Calabria [VIDEO]

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