La testimonianza di Antoci ad Agorà: “Continueremo il nostro lavoro con maggiore forza”

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Giuseppe Antoci ospite nel programma televisivo di Rai3 Agorà ha raccontato l’agguato che l’ha colpito martedì notte

LaPresse/Carmelo Imbesi

Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, ospite nel programma televisivo di Rai3 Agorà ha raccontato l’agguato tesogli martedì notte mentre passava con la sua auto per la strada statale messinese che collega San Fratello a Cesarò: “Ho sentito la macchina rallentare per delle pietre che si trovavano sull’asfalto e subito dei colpi, che poi ho capito essere di fucile, scaricati contro la vettura. Il mio capo scorta mi ha immediatamente preso e messo sotto il sedile, si è posto sopra di me, mentre continuavo a sentire gli spari. A un certo punto ho avvertito una macchina che arrivava e poi ancora spari, che erano però diversi dai primi, si trattava di colpi di pistola. L’autista della macchina ha fermato l’auto, è sceso, ha aperto il fuoco e lo stesso ha fatto il mio capo scorta. Dietro eravamo seguiti dalla vettura del dott. Manganaro, dirigente del Commissariato di Sant’Agata di Militello, che pur non essendo personale addetto alla mia scorta è arrivato, grazie a Dio, durante l’agguato. E’ così che sono stato salvato“.
Un’umana paura aumentata dalla piena consapevolezza delle motivazioni che hanno portato al suo attentato:  “Quello che stiamo vivendo, con in terreni agricoli in mano alla mafia, non è solo un problema del Parco dei Nebrodi, c’è il fratello di Riina, ci sono coinvolte tutte le cosche della Sicilia. In ballo abbiamo milioni di euro, soldi che vorrebbero sottrarre ai nostri figli costretti, magari, ad emigrare, perché non ci sono posti di lavoro. Dovete raccontare allora questa Sicilia. La Sicilia che si ribella, che prende un protocollo dei Nebrodi e lo allarga a tutta l’Isola, perché il Presidente Rosario Crocetta l’ha estesa a tutta la Regione. Una Sicilia che vuole cambiare passo e lo fa con i fatti, non con le chiacchiere“.
Antoci dichiara così davanti alle telecamere la sua ferma volontà di andare avanti e lancia un appello importante: “Credo che se ognuno di noi facesse il proprio lavoro forse ci sarebbero meno persone sotto scorta e meno attentati. Noi attivando questo protocollo abbiamo dato un colpo durissimo alla mafia in Sicilia. Abbiamo tolto il limite dei 150 mila euro, per la partecipazione ai Bandi europei, e lo abbiamo azzerato, quindi oggi i mafiosi non solo non potranno più partecipare alle nuove gare, ma non potranno nemmeno gestire quei terreni agricoli su cui avevano messo le mani e che adesso andranno alle persone oneste“. E ha aggiunto: “Stiamo prendendo i nominativi che in questo momento sono in corso d’opera nei contratti e li revocheremo tutti, uno per uno. Non pensino che con questo atto intimidatorio noi non continueremo il nostro lavoro. Anzi, lo continueremo con maggiore forza“.

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