E’ morto un toro non un bambino

StrettoWeb

Pomeriggio di paura a Reggio Calabria per un toro che ha scorrazzato per oltre tre ore nel centro storico della città, danneggiando numerose auto e scatenando il panico tra la gente: l’animale è stato abbattuto dalle forze dell’ordine, e sono divampate incomprensibili polemiche

Doppia follia a Reggio Calabria in questo sabato di fine maggio: la città si è trasformata senza volerlo in una sorta di Pamplona mediterranea, a causa di un torello che ha scorrazzato per oltre tre ore nel centro cittadino scatenando il panico. Pamplona è la città della Navarra, nell’entroterra pirenaico (versante atlantico) sulle colline a 440 metri di altitudine, che conta circa 200.000 abitanti proprio come Reggio ed è famosa per l’Encierro del Sanfermines, la festa di luglio dedicata a San Firmino di Amiens in cui per una (barbara) tradizione vengono liberati 12 tori tra la folla nelle strade del centro, per poi condurli nell’arena delle corride in cui vengono uccisi dai toreri. Una “festa” che ogni anno provoca una mattanza di queste bestie e soprattutto (cosa ben più grave) numerose vittime e centinaia di feriti tra la popolazione.

A Reggio, fortunatamente, è andato tutto bene: non s’è fatto male nessuno, ed è la cosa più importante. Anche perchè se a Pamplona se la vanno a cercare, a Reggio quest’insolita corrida non la voleva proprio nessuno. Il torello è scappato da un allevamento di Cannavò nel primo pomeriggio, ed è stato avvistato dapprima nella zona del CeDir e del Palazzo di Giustizia, poi ha percorso tutte le “bretelle” sugli argini del Calopinace, arrivando così nella zona di piazza Garibaldi e da lì sul Lungomare. Fortunatamente tutto ciò è accaduto tra le 14:30 e le 15, con poca gente in giro: fosse accaduto qualche ora più tardi, probabilmente le conseguenze sarebbero state ben più gravi.

L’animale ha percorso gran parte della città per poi raggiungere la zona del Ponte della Libertà e da lì è salito a Tremulini, stazionando tra il Palazzo del Consiglio Regionale e la facoltà di Architettura. S’è poi mosso verso il centro storico, raggiungendo via Demetrio Tripepi, a pochi metri dal corso Garibaldi, per poi tornare nella zona di Tremulini e del Consiglio Regionale passando per piazza del Popolo intorno alle 17:30, quando dentro Palazzo Campanella è stato abbattuto con 7 colpi di pistola dalle forze dell’ordine che per tre ore avevano cercato invano di fermarlo “con le buone” e metterlo in sicurezza lontano dalla popolazione. Le hanno provate tutte Polizia, Carabinieri, Vigili Urbani, Vigili del Fuoco, veterinari dell’Azienda sanitaria e Corpo forestale: la protezione civile cittadina s’è mobilitata per oltre tre ore nel tentativo di domare l’animale, visibilmente impaurito e proprio per questo motivo ancor più pericoloso di quanto non fosse già di per sè. Corde e sedativo erano pronti per l’uso, ma la bestia non s’è mai fatta avvicinare e addomesticare a tal punto da essere bloccata.

Numerosi sono stati gli attacchi dell’animale nei confronti delle forze dell’ordine che provavano a bloccarlo: ogni qual volta si avvicinavano con le corde e l’acqua in grossi secchi per consentirgli di bere, e quindi bloccarlo mentre beveva, lui attaccava a testa bassa facendo valere le proprie corna, e scatenando il panico: nelle immagini di foto e video che abbiamo pubblicato sono numerose le scene di fuggi-fuggi generale, con bambini che scappano trascinati dai genitori in momenti di autentico terrore. Durante i suoi attacchi e la sua folle corsa per le vie del centro, il torello fuggito da Cannavò ha danneggiato persino numerosi mezzi (auto e scooter). Poi è entrato nei giardini di Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale, ed è persino riuscito ad addentrarsi dentro il palazzo: quando ha sfondato una vetrata, mettendo così a repentaglio la sicurezza degli impiegati che lavorano negli uffici, è arrivato l’ordine di abbatterlo con le “cattive”. Una decisione certamente “sofferta” (relativamente a quanto possa essere sofferto un simile gesto), ma ormai obbligata dopo che ogni altro tentativo di fermarlo era stato vano (per tre ore), e a quel punto era a serio rischio la sicurezza delle persone.

Ma all’inizio dell’articolo abbiamo parlato di “doppia follia“: finita la folle corsa della bestia, infatti, è iniziato il “post-corrida” che se vogliamo è stato ancor più folle rispetto a quanto accaduto. Proprio nella zona del Palazzo del Consiglio Regionale s’è formato un capannello di persone che ha verbalmente aggredito le forze dell’ordine per aver abbattuto l’animale: tutti dalla parte del toro. Non doveva morire. E in città si sono scatenati i commenti di chi, evidentemente comodamente seduto in poltrona, si fa forte con la tastiera del computer senza avere la minima idea di cosa significa ritrovarsi con un toro che corre imbizzarrito di fronte ai propri figli di pochi anni che hanno imparato a camminare da poco. Dopotutto è facile “fare i finocchi con il culo degli altri: probabilmente se gli animalisti da strapazzo avessero visto a rischio la sicurezza dei propri figli, non avrebbero reagito in questo modo. O forse sì, se la vita di una bestia può valere quanto quella del proprio bambino (o di un qualsiasi essere umano).

Ma a Reggio, oggi, è morto un toro non un bambino. Non è successo nulla di grave, se non i danni alle automobili che sono la conseguenza più pesante in assoluto di questo pomeriggio di terrore che poteva finire in tragedia. Fosse accaduto qualcosa alle persone, ci si sarebbe indignati (in quel caso giustamente) del fatto che le forze dell’ordine non avevano provveduto ad abbattere l’animale in tempo per evitare conseguenze sulla popolazione. Eppure, per come sono andati i fatti, è evidente che nessuno s’è divertito ad uccidere la bestia: prima di arrivare alla drastica decisione, in tutti i modi s’è tentato di adottare misure meno dolorose, fino a quando non è stato proprio urgente sacrificare il toro per garantire la pubblica incolumità.

Eppure il fondamentalismo animalista si palesa per l’ennesima volta: “ma quale toro, era un piccolo vitellino“. Sarebbero potuti intervenire loro stessi, allora, durante le ore di panico, per accudirlo e portarselo a casa. Una cuccia libera in corridoio per un piccolo vitellino si trova sempre. Ma non l’hanno fatto. “Ma quali attacchi, si vede che era impaurito“, come se una cosa contraddicesse l’altra. Proprio la paura ha portato l’animale a reazioni inconsulte, veri e propri attacchi a testa bassa con le corna per difendersi da coloro che tentavano di bloccarlo sono visibili in numerosi documenti foto e video che abbiamo già pubblicato nelle scorse ore. Il fatto che fosse impaurito è appunto un elemento aggravante rispetto alle conseguenze che la sua presenza tra la gente avrebbe potuto provocare in città. Come fare per non impaurirlo? “Pucci pucci vieni qui non vogliamo farti del male, prendi un po’ d’acqua che torniamo a casa“: è proprio quello che gli hanno detto e che hanno provato a fare per oltre tre ore. Ma l’animale non ha capito. Non ha collaborato. Non si è fatto prendere e riportare a casa. Probabilmente avrebbero dovuto parlargli in inglese ma gli agenti non sapevano come tradurre “pucci pucci” e poi, perbacco, l’unico animale così evoluto e sofisticato da capire solo l’inglese proprio a Reggio Calabria doveva capitare?

Poi da casa sono tutti scienziati. Come sempre. “Dovevano fare così, dovevano fare colì, mamma mia quanta ignoranza“. Tutti esperti, a fronte di chi è davvero titolato e addestrato per certi interventi e ha sudato sette camicie per fermare l’animale prima di arrivare all’extrema ratio. Anche su questo è semplice fare chiarezza: il sonnifero è in dotazione esclusivamente ai veterinari dell’Azienda sanitaria che però, a Reggio Calabria (dove molto raramente si verificano episodi del genere), non si è certo attrezzati con i dovuti mezzi che consentono di iniettarlo a distanza. L’intenzione degli agenti intervenuti, infatti, era proprio quella di fermarlo e sedarlo con un’apposita puntura, ma purtroppo non si poteva inserire una siringa dentro una “Beretta 92” per sedarlo a distanza.

Mettendo da parte le facili ironie, bisogna evidenziare che tecnicamente toro e vitello sono lo stesso animale, la differenziazione è minima un po’ come quando parliamo di “tornado” e “tromba d’aria“. Si tratta dello stesso identico fenomeno meteorologico, usiamo il termine più ad effetto per gli episodi più estremi e quello meno pomposo per quelli innocui. E se allora lo stesso animale di oggi l’avessimo visto a 200 metri di distanza in una campagna isolata a mangiare erba, sarebbe stato certamente un “innocuo vitellino“, ma così pericoloso, che correva tra le auto e tra la folla con tanti bambini nel cuore della città, evidentemente diventava un “toro imbizzarrito” da cui guardarsi bene.

E comunque, l’innocuo vitellino sarebbe quindi stato destinato al macello (l’unica differenza tra toro e bue, infatti, è che il primo non viene castrato e si preserva per la riproduzione, mentre il secondo viene allevato per la macellazione). Quindi sarebbe morto comunque come milioni di altri suoi simili che vengono uccisi per soddisfare il gusto del nostro palato. A proposito: quanti tra coloro che stanno inveendo contro la morte del povero torello, mangiano quotidianamente carne di vitello?

La cosa che più ci ha colpito di questo pomeriggio di follia, (e la follia a cui ci riferiamo non è quella del toro ma quella della reazione dei talebani che sventolano la bandiera dell’animalismo fondamentalista), è stata proprio quella folla rabbiosa accanirsi contro le forze dell’ordine colpevoli di aver salvaguardato la sicurezza pubblica abbattendo un animale pericoloso dopo che per ore non erano riusciti a fermarlo con le buone. Come se gli agenti fossero i nemici: erano tutti dalla parte del toro. E lo sono ancora, scorrendo le bacheche dei social network con le reazioni più accanite contro “gli assassini“. 

Ma a Reggio la folla non si infervora così tanto neanche quando la ‘ndrangheta uccide per strada non animali, ma esseri umani a cui viene privata la libertà della vita per il mancato rispetto di quei codici delinquenziali dettati dalle cosche e dai boss. Eppure capita spesso, molto più spesso di una bestia abbattuta per salvaguardare la gente. Così come capita molto spesso che quegli stessi agenti, rischiando la vita catturino pericolosi latitanti e ‘ndranghetisti ma mai vediamo folle festanti per l’arresto dei criminali fuori da caserme e questure.

Insomma, ci sta bene tutto: siamo abituati a subire nel silenzio e nell’indifferenza le peggiori violenze ed efferatezze criminali, ma poi ci indigniamo per i diritti di un toro che doveva rimanere libero di scorrazzare in città tra la gente.

E se fosse morto davvero un bambino? Probabilmente gli stessi commenti rabbiosi contro gli agenti che hanno abbattuto il torello, li avremmo letti sempre contro gli stessi agenti che però in quel caso sarebbero stati colpevoli di averlo abbattuto troppo tardi. E probabilmente sarebbero state polemiche comprensibili. Perché la vita di un essere umano non può valere come quella di un animale. E oggi a Reggio è morto un toro, non un bambino.

 

Condividi