Tra sms, whatsapp e social network i candidati alle amministrative dicono addio ai vecchi manifesti pubblicitari, con non poche ricadute sul fronte occupazionale
“Sicuramente -ammette- il manifesto appartiene a una vecchia logica dei partiti, tuttavia ha una velocità di comunicazione importante e oserei dire più efficiente dell’on line. Se da una parte, infatti, il messaggino arriva all’istante sullo smarthphone o sul proprio account Facebook, dall’altra non è detto che venga letto tutto, addirittura non viene neanche aperto”.
“Nel caso dei manifesti, invece, il messaggio -assicura- anche se non condiviso viene comunque letto e percepito in tutta la sua interezza di immagine e di contenuto. La comunicazione on line lascia il tempo che trova: su un milione di visitatori pochissimi leggono il messaggio per intero”.
“Anche il mancato lavoro -sottolinea Claudio Cianfrocca- è una delle conseguenze della digitalizzazione della pubblicità dei candidati. Prima le amministrative impegnavano tutte le tipografie al completo e, a livello di indotto, davano lavoro a 300 persone per le affissioni. Adesso la tiratura delle tipografie batte la fiacca e il personale impegnato, almeno a Roma, non supera le 20 persone”.
“Un peccato -ammette- proprio nel periodo della campagna elettorale sono, infatti, molti i ragazzi che fanno questo tipo di lavoro per arrotondare. Gli attacchini escono in squadre da 4, ma anche da 2 se sono bravi e conoscono a menadito le strade della città. Circa 400 i manifesti da attaccare in poco più di 5 ore. Un lavoro di squadra costretto a capitolare davanti alle logiche moderne dell’innovazione”.