Reggio Calabria, Delfino sul referendum di domenica: “andare a votare SI”

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“Domenica prossima saremo chiamati alle urne per dare il nostro parere sulle trivellazioni in mare. Il quesito che si troverà stampato sulle schede è: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’?” Dunque chi vuole – in prospettiva – eliminare le trivelle dai mari italiani deve votare SI, chi vuole che le trivelle restino senza una scadenza deve votare NO. Sostanzialmente si chiede (votando SI) di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo”, scrive in una nota il presidente del consiglio comunale Demetrio Delfino. “Attualmente- prosegue– le società petrolifere, in Italia, ottengono tacite concessioni di rinnovo delle convenzioni di estrazione fino ad esaurimento del giacimento. Questo referendum, invece, giacché non si autorizzeranno ulteriori trivellazioni marine, vuole che, a fine concessione si smettano le trivellazioni. Oggi, dopo molto silenzio, si inizia a parlare con più insistenza delle trivellazioni alla ricerca di petrolio, soprattutto quelle che avvengono nei fondali marini, tra i 500 e i 2000 metri di profondità. Si opera con delle piattaforme mobili di perforazione, vere e proprie città galleggianti che possono essere trasferite da una parte all’altra dell’Oceano. Fino ad oggi i permessi di ricerca già concessi sono 23 sul fondale marino. Le istanze di permesso di ricerca in mare, al 30 settembre 2015 erano complessivamente 41: 10 in fase preistruttoria; 23 in corso di valutazione ambientale e 8 in fase di emanazione di decreto di conferimento. Dall’emanazione del “Decreto ministeriale 9 agosto 2013”, sono pervenute 19 nuove istanze: 13 nel mare Adriatico al largo delle coste romagnole, marchigiane, abruzzesi e pugliesi e 6 nel mare Ionio di fronte alle coste pugliesi, lucane e calabresi.

Come sempre –aggiunge– il nemico numero uno dei Referendum è il quorum. Dopo aver rifiutato di accorpare la tornats referendaria alle Amministrative che, dopo poco, si svolgeranno in molte città italiane, dopo velati inviti ad “andare al mare”(!?), pochissimi hanno preso, sull’argomento, posizioni chiare. Vorrei ricordare semplicemente il terribile incidente avvenuto nell’aprile del 2010 a 50 Km dalle coste della Louisiana, quando una piattaforma petrolifera è esplosa e affondata, provocando una fuoriuscita di greggio nell’oceano di migliaia di barili di petrolio. Nonostante le compagnie petrolifere assicurano di agire in piena sicurezza, il disastro ambientale è, dunque possibile e, sinceramente, credo che la posta in gioco, per regioni come la nostra, che dovrebbero considerare il turismo (e dunque la qualità delle acque) la loro principale ricchezza, sia troppo elevata. Dall’altra parte della bilancia la possibilità di estrarre greggio in modeste quantità, sicuramente insufficienti al nostro fabbisogno rispetto all’enorme potenzialità delle energie rinnovabili e la possibilità di assicurare poche decine di posti lavoro precari, contro l’enorme bacino di occupazioni stabili che porterebbe un reale sviluppo turistico del nostro territorio. Mi fermo qui – ribadisce– nell’esporre i motivi del mio SI al Referendum del 17 Aprile prossimo; vorrei, però, soltanto ricordare ai fautori della “diserzione delle urne” l’importanza dello strumento democratico che ha in Italia il Referendum abrogativo, indetto, oggi, per la prima volta su richiesta delle Regioni. Nove Regioni italiane, tra cui la nostra, spinte da forti preoccupazioni sull’operato delle compagnie petrolifere e preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo, hanno, infatti, chiesto e ottenuto che, sull’argomento venisse fatto un referendum, per dar voce, così, ai cittadini. Se, dunque, la metà degli italiani non si recasse alle urne, rinunciando ad un importante esercizio di democrazia, il Referendum non sarebbe valido e resterebbe tutto così com’è, con grande soddisfazione delle compagnie petrolifere che, godendo in Italia di bassissima tassazione, continuerebbero a sfruttare i nostri mari fino a data indefinita. L’ultimo mio pensiero è una personale condanna a coloro i quali, esercitando una doppia morale, spingono i cittadini a recarsi alle urne in occasione delle elezioni amministrative, ma poi invitano all’astensionismo o peggio ancora, predicano l’inutilità del referendum”, conclude.

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