Inchiesta “Tempa Rossa”: Legambiente Calabria chiede ad Arpacal ed Asl di fare luce sui danni provocati al territorio e alla salute dei cittadini

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“Iam (Iniziative ambientali meridionali) non ha nessun tipo di problema, è la popolazione che ha il problema… il problema degli odori: ormai esce su tutti gli impianti… delle vostre acque». Quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche tra il legale rappresentante della Ecosistem – ditta lametina che lavora nel settore rifiuti – con il manager che gestisce per conto dell’Eni i rifiuti liquidi prodotti nel Centro Oli di Viggiano in Basilicata, desta sconcerto, rabbia, amarezza. Lo scandalo dell’inchiesta “Tempa Rossa” tocca anche la Calabria, regione ancora una volta al centro dello smaltimento illecito dei rifiuti, dopo le navi dei veleni, la Jolli Rosso, le ferriti di zinco a Cassano, Cerchiara, la Montedison a Crotone e la legnochimica a Rende. Le attività investigative del Nucleo operativo ecologico dell’Arma dei Carabinieri, evidenziano un presunto traffico di materiali pericolosi smaltiti illecitamente nei depuratori di Bisignano (Consuleco) e di Gioia Tauro (Iam), impianti non adeguati al trattamento. Diversi arresti a Potenza, sei indagati calabresi e la consapevolezza di avere finalmente, con la nuova legge sugli ecoreati, uno strumento efficace per fare giustizia. I territori, però, rimarranno irrimediabilmente danneggiati.  La salute dei cittadini e la tutela dell’ambiente non interessano alle ecomafie, a imprenditori o meglio “prenditori” di futuro che hanno come solo interesse quello di lucrare a danno delle popolazioni. E per farlo, secondo i magistrati, modificavano il codice dei rifiuti, facendo finta che fossero normali reflui, e recapitarli a impianti “regolari”. L’unica emergenza, per loro, erano i cattivi odori che emanavano gli impianti di depurazione con il caldo e bisognava fare qualcosa, per viaggiare “un attimo tranquilli” per tutta l’estate. “Se le indagini della Procura saranno confermate – afferma Francesco Falcone, presidente Legambiente Calabria – chiederemo alle associazioni di categoria di applicare il principio “chi inquina paghi” al loro interno, per l’espulsione degli imprenditori che risulteranno eventualmente colpevoli delle attività illecite ipotizzate. Chiediamo, inoltre, un intervento dell’ente di Governo D’ambito per il Servizio Idrico Integrato “Autorità Idrica della Calabria A.I.C.”, istituita con Deliberazione di Giunta Regionale n. 256 del 27/07/2015, che ancora pare essere sulla carta, nei confronti delle aziende poste sotto sequestro”. A rendere più gravi, e quindi più importanti gli arresti di questa operazione, il fatto che riguardino attività inerenti lo smaltimento delle acque provenienti dalle lavorazioni petrolifere, delineando uno scenario particolarmente preoccupante per la salute dei cittadini e la salubrità dell’ambiente e gettando ancora una volta l’ombra sulle attività dell’ENI in Val d’Agri e di un sistema pubblico ormai chiaramente incapace di svolgere un autorevole servizio di controllo e monitoraggio ambientale. Una mancanza a cui bisogna porre quanto prima rimedio, con l’approvazione del ddl sul sistema dei controlli ambientali già approvata alla Camera e in discussione in Senato. Legambiente Calabria chiede ad Arpacal e alle ASL di fare luce sui danni ambientali provocati al territorio ed alla salute dei cittadini. Quella del petrolio si conferma una filiera oscura e foriera di distorsioni che danneggiano pesantemente i territori. La legge sugli ecoreati, ottenuta dopo 21 anni di lotte, costituisce un forte strumento di contrasto alle illegalità ambientale. Tante le inchieste cadute nel vuoto perché non sostenute da norme adeguate. A quasi un anno dall’entrata in vigore della legge sui reati ambientali, la norma ha prodotto enormi risultati per l’ambiente e per i cittadini. Ma non basta. Serve liberare i territori dalla schiavitù delle fonti fossili, ed è per questo che il referendum del 17 aprile potrà dare un enorme contributo alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo di un futuro pulito.

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