Reggio, Marra (MAP): “rinnegare le foibe è da ignoranti”

StrettoWeb

A prescindere dell’appartenenza politica di ognuno di noi, l’ignoranza e l’inciviltà non devono prendere il sopravvento quando si tratta di commemorare dei morti o delle stragi. Senza fare pubblicità a personaggi famosi, stazioni radio o emittenti televisive dico soltanto che si dovrebbero vergognare per aver infangato il giorno del ricordo delle FOIBE istituito con la Legge 30 Marzo 2004 n°92. Per chi ha scambiato le foibe con una marca di PENTOLE non ci sono parole e voglio ricordare che sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo e proprio in quelle voragini dell’ Istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’ 8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti”, scrive in una nota Pietro Marra, presidente del Map. “Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone in quanto li considerano nemici del popolo, ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito – prosegue– si scatenano contro gli italiani ed a cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti; la persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce. Nel febbraio del 1947 l’italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone – aggiunge– si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’URSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse. La stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati ‘cittadini di serie B e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d’altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l’occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco. Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta perché, è stata ignorata per molto tempo una delle pagine più angoscianti della nostra storia”, conclude.

Condividi