Nico D’Ascola: “il rapporto tra sicurezza e libertà costituisce un punto nevralgico del dibattito politico”

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“Il delicato rapporto tra sicurezza e libertà costituisce un punto nevralgico del dibattito politico”. A dichiararlo è Nico D’Ascola, presidente della Commissione Giustizia del Senato, intervenuto nell’ ambito della Scuola di cultura politica sul tema “Sicurezza e Mediterraneo”. “La questione non è solo giuridica ma prima ancora politica. Il diritto è in una posizione subordinata rispetto alle scelte di ordine generalista che competono alla politica. Il difficile rapporto tra sicurezza e libertà, non si pone soltanto nei confronti dei fatti aggressivi dell’ equilibrio interno di uno Stato ma che vengano dall’esterno, si pone anche con riferimento alla sicurezza interna. Dovremmo cercare di accrescere la sicurezza interna senza toccare la libertà, per come le democrazie davvero provvedute sono in grado di fare. Poi, lo strumento diplomatico, non è possibile pensare che soltanto gli eserciti siano in grado di risolvere le questioni soprattutto di notevoli dimensioni. E’ necessario che la diplomazia faccia la propria parte.  Occorre – prosegue D’Ascola – che ad un maggiore e più incisivo intervento militare corrisponda simmetricamente un più decisivo intervento delle diplomazie, e quindi ancora prima la capacità di immaginare, di disegnare la soluzione dal punto di vista degli equilibri. L’ Occidente è stato fermo sulle questioni Medio Orientali per diversi anni. Determinati fatti non si producono per una sorta di indecifrabile ragione che li ha in un certo senso generati. La vicenda di Isis è dimostrativa dei prezzi che le società occidentali pagano allorquando sono indifferenti rispetto ai problemi dei paesi del Terzo mondo. Sono problemi che vanno affrontati per ragioni di umanità, che non possono mai essere secondarie rispetto ad ogni altro contesto di valutazione dei fatti, non è soltanto l’ interesse dei mercati a dover dirigere l’opera della governance mondiale. Questo settore delicatissimo del Medio Oriente è stato un settore che se fosse stato trattato con quella consapevolezza che meritava sino dal sorgere, dal radicalizzarsi della sua crisi, avrebbe potuto essere risolto e trattato diversamente. La crisi palestinese – conclude il presidente –  la difficoltà di quel contesto geografico ha rappresentato un banco di prova fallimentare per le potenze occidentali, distratte dalla categoria dell’ interesse individuale troppo a lungo sopravvalutato rispetto agli interessi generali”.

 

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