Più isolati che isolani: la Sicilia assetata che Renzi non vuol vedere

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Il problema dell’emergenza idrica supera i confini di Messina, investe Milazzo, Taormina, Gela e Caltanissetta. Situazioni assurde, nel cuore dell’Europa occidentale, frutto del malgoverno e delle malversazioni pubbliche

Se volessimo stendere un bilancio serio e impietoso dei problemi dell’isola, potremmo comporre un enciclopedia, ma finiremmo per tediare i lettori. Meglio puntare su una sintesi, concisa ed efficace.

Messina, com’è ormai noto da giorni, vive un’emergenza idrica costante. La città è priva di approvvigionamenti dopo la frana registrata a Calatabiano e le autorità stanno cercando il modo migliore per fronteggiare una crisi tanto dirompente quanto inaspettata. Sì, perché l’idea che le sorti di 250mila abitanti dipendessero da una sola tubatura non aveva sfiorato nessuno. Non c’è stato un politico, un rappresentante istituzionale, un funzionario della stramaledetta Amam che avesse messo nero su bianco il problema. Così, fra le macerie dello smottamento, è finita la credibilità di un’intera classe dirigente, quella che ha amministrato la città negli ultimi vent’anni, ivi compresi i due appena trascorsi, segnati da una rivoluzione civica che si è arenata dentro i serbatoi vuoti.

Foto Andrea Di Grazia/Lapresse

Una situazione in parte simile a quella vissuta dai vicini milazzesi, laddove una perdita nella condotta del torrente Floripotema ha messo k.o. il servizio di erogazione idrica. Qui i tecnici del Comune, assieme all’assessore ai Lavori Pubblici Ciccio Italiano, stanno cercando di individuare il punto dove si è creata la criticità che non consente il passaggio dell’acqua, per poi giungere a destinazione nello scarico di Corriolo dove regolarmente il flusso dovrebbe essere di 3200 litri al minuto e che invece è di fatto azzerato.

A Trappitello, nella popolosa frazione di Taormina, lo scenario è esilarante: l’acqua sgorga che è un piacere, se si eccettua il fatto che essa somiglia assai più alla fanghiglia che non al prezioso “bene comune” di cui tutti cianciano invano. Un’anomalia non tanto anomala nella terra di Sciascia e Camilleri: perfino a Gela, patria natia del Governatore Supremo, la siccità è un dato di fatto, sebbene gli hashtag non abbiano reso il caso di rilievo nazionale.

Foto Andrea Di Grazia/Lapresse

Infine c’è Caltanissetta con le sue fantastiche tubature in grado di far riscoprire la bellezza dell’isola: non soltanto l’acqua affiora nelle utenze private con uno scroscio melodico e suggestivo, ma porta in dote tanta di quella sabbia che il romanticismo non può che prevalere. Certo c’è il contrattempo dell’igiene personale, ma in una società che vuole abbandonare il consumismo e ritornare alle origini della propria storia questo è un dettaglio del tutto trascurabile. La pulizia è un orpello che possiamo tranquillamente rinnegare.

Il Masterplan di Renzi, presentato in pompa magna dal Governo, potrà anche essere una scommessa vinta in partenza, come afferma il primo ministro, ma l’impressione è che sia redatto sulla base di una proiezione onirica del Sud. Qui d’investimenti pubblici non se ne vede neppure l’ombra e quando essi prendono forma assumono le sembianze sinistre del viadotto Himera. I privati, a loro volta, arrivano armati di buona volontà e vengono osteggiati da una burocrazia asfissiante, dalla criminalità organizzata e dall’assenza dei servizi di base.

ARS – foto LaPresse

Il ritratto della terra mistica nel cuore del Mediterraneo lascia ormai il tempo che trova: non a caso il Codacons, riprendendo i casi che abbiamo testé menzionato, ha deciso d’incalzare l’Esecutivo per proclamare uno stato d’emergenza regionale. “Il Governo nazionale deve intervenire con tutti i mezzi di cui dispone”, ha dichiarato in buona fede Francesco Tanasi. Il problema è che i finanziamenti nel tempo sono stati stanziati, ma sono andati in malora per colpa di amministratori impegnati a commisurare le loro aspirazioni politiche sulla base del manuale Cencelli. Più Mastercard che Masterplan, insomma.

Spostare l’attenzione sulla necessità di un intervento organico di Palazzo Chigi è un palliativo inutile: il problema è puramente interno, negli uomini che abbiamo chiamato negli anni a governare, nelle spensierate alleanze e nelle commistioni d’interessi che hanno prodotto sfaceli e confusione. Oggi ne paghiamo lo scotto: un costo aggiuntivo che si somma ai balzelli voluti dagli enti locali. Il bicchiere non è mezzo pieno o mezzo vuoto: è bucato, come le tubature.

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