Sicilia, pm Di Matteo: “su legge bavaglio solo il silenzio”

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“Noto che c’è una grandissima differenza sulla reazione dell’opinione pubblica, ma anche dei giornalisti, tra la ‘legge bavaglio’ sulle intercettazioni annunciata dal Governo Berlusconi nel 2010 e quella del Governo Renzi. Nel 2010 si registrarono numerose proteste e tanti scioperi, con vere e proprie campagne di stampa con post it, mentre oggi, con il Governo Renzi in carica, c’è solo silenzio generalizzato o quasi. Con una implicita condiscendenza o, addirittura, attacchi a quei pochi giornalisti che si oppongo alla riforma e che vengono accusati di volere spiare l’Italia dal buco della serratura“. E’ lo sfogo del pm antimafia Nino Di Matteo, durante un incontro organizzato dall’Assostampa Sicilia a Palermo. “Al di là del rilievo penale – spiega Di Matteo – ci sono intercettazioni che, in un sistema realmente democratico, devono continuare a potere essere pubblicate, soprattutto quando si tratta di persone che gestiscono il potere e che non si dovrebbero sottrarre al controllo con cui gestiscono il potere. Invece oggi, come accadde con il governo Berlusconi, la ‘legge bavaglio’ sembra costituire una priorità del Governo in carica. Non cambia l’obiettivo finale, non cambia la strategia, semmai la tattica che oggi è più raffinata”. “Il fatto che il Governo Renzi sia delegato a legiferare sulla materia è sintomatico del fatto che su una materia così importante sarà il governo a decidere le regole su ciò che è pubblicabile. In questo modo si toglie al cittadino la possibilità di controllare, attraverso i lavori parlamentari, l’iter legislativo. E’ prevedibile che il Governo chiamerà a consulto magistrati che ritiene più affidabili“, dice il magistrato più volte minacciato a morte dal boss Riina. “Io credo che ci dobbiamo interrogare seriamente sui motivi di questa evidente e clamorosa discrasia, e soprattutto su una cosa – dice ancora Di Matteo – chiedersi, come faccio io, se anche questa riforma non sia inquadrabile in un contesto più ampio che riguarda le riforme sulla giustizia, sull’ordinamento giudiziario, sulla responsabilità civile dei giudici”.

“Ad esempio, per quello che mi riguarda, sul nuovo ordinamento giudiziario nella parte in cui attribuisce al solo Procuratore capo la possibilità di intrattenere rapporti con la stampa – prosegue il pm Di Matteo – A me pare che tutte queste riforme che riguardano campi e settori distinti e apparentemente lontani, in fondo, se riflettiamo bene, incidono sulla stessa direzione: sul ridimensionamento della possibilità per gli organi e poteri di controllo di esercitare i loro ruolo in maniera efficace e incisiva”. Il magistrato torna, quindi, a parlare della legge sulla responsabilità dei giudici che “tenta a creare una situazione in cui il giudice, non solo quello penale o delle Misure di prevenzione, per non rimettere di tasca sua, può essere portato a dare ragione alla parte più forte”. “Certe volte ho la sensazione che alla fine tra tutte queste riforme ci sia un comune denominatore: quello di attutire l’efficacia dell’azione degli organismi di controllo, quindi principalmente di magistratura e Stato”. Il magistrato ha, quindi, invitato i giornalisti presenti al convegno “di essere indipendenti, coraggiosi”. “Continuo a pretendere che chi fa il vostro mestiere – prosegue – sia professionalmente attrezzato, preparato, appassionato, cerchi la notizia al di là dei verbali, cerchi di seguirla come fa il segugio con la sua preda, non abbia paura di infastidire il potente. Ma deve sempre avere rispetto della verità. Ma sappiamo che questo non avviene sempre”.

 

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