Reggio, mamma uccisa da una 17enne. La psicologa: “i social sono l’unica forma di comunicazione per tanti adolescenti”

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“In un mondo come quello in cui viviamo, in cui tutto è violento, i ragazzi crescono continuamente sottoposti a notizie di violenza. C’è poi da considerare il fatto che, in alcuni momenti particolari, un adolescente può arrivare a provare sentimenti di odio nei confronti dei genitori e, non avendo il controllo delle proprie emozioni, reagisce con gesti impulsivi“. Così Anna Oliverio Ferraris, professoressa ordinaria di psicologia dello sviluppo all’Università di Roma La Sapienza, ha commentato all’Adnkronos l’omicidio dell’infermiera Patrizia Crivellaro, 44 anni, uccisa in provincia di Reggio Calabria, lo scorso 25 maggio, e per il quale questa mattina i carabinieri hanno arrestato la figlia 17enne. “La prima cosa grave – ha proseguito la professoressa Ferraris – è che ci sia una arma a disposizione” che, in questo caso, era la pistola legalmente detenuta dal marito della vittima e padre della ragazza. “Il punto cruciale, però – ha specificato Ferraris – è che c’è un eccesso di tecnologia fra gli adolescenti che, a volte, passano anche intere ore incollati davanti allo schermo di un computer o di uno smartphone. Molti di loro socializzano solo con modalità virtuali e, invece, sarebbe molto meglio se imparassero a coltivare relazioni anche e soprattutto in maniera diretta, come avveniva fino a circa 10 anni fa”. “La madre” che aveva vietato alla figlia l’uso del cellulare e del computer per punirla del suo scarso rendimento scolastico “le aveva impedito l’accesso ai social network il che, sicuramente, avrà fatto sentire la ragazza defraudata, anzi – ha spiegato la professoressa – quasi come handicappata, il che ha portato probabilmente a questo gesto estremo. Come tutti gli eccessi, il problema nel rapporto con la tecnologia è quello di non riuscire a farne a meno“. “L’altro aspetto fondamentale da analizzare in questa triste vicenda – ha continuato Ferraris – è la mancanza di dialogo fra genitori e figli”. “Alcuni ragazzi, specie nella complessa età adolescenziale, pensano che i conflitti si risolvano con gesti estremi come vedono fare in tv e, invece, sarebbe importante far capire loro che le situazioni di conflitto si possono risolvere dialogando, anche litigando, ma sempre ascoltandosi a vicenda – ha concluso la docente di psicologia dello sviluppo – e, infatti, uno dei compiti principali dell’educazione nella crescita è insegnare ai ragazzi a capire come affrontare e risolvere i conflitti senza fare ricorso a gesti estremi”. 

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