Scarcerato dopo 34 anni grazie al Dna

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Lewis Fogle, 63 anni, è accusato di aver violentato e ucciso nel 1976 in Pennsylvania una ragazza di 15 anni, Deann Katherine Long. Fogle, in carcere dal 1981, si è sempre detto innocente

Un uomo da 34 anni in carcere negli Stati Uniti con l’accusa di aver violentato e ucciso una quindicenne è stato liberato dopo che un esame del Dna ha dimostrato che lo sperma sul corpo della vittima non era il suo. Il riesame del caso è avvenuto grazie al lavoro di una organizzazione di New York che si occupa di malagiustizia, Innocence Project. Il condannato non è stato scaglionato definitivamente, ma la sua sentenza è stata annullata e probabilmente avrà un nuovo processo.

Lewis Fogle, 63 anni, è accusato di aver violentato e ucciso nel 1976 in Pennsylvania una ragazza di 15 anni, Deann Katherine Long. Fogle, in carcere dal 1981, si è sempre detto innocente. Ad accusare del delitto lui, suo fratello e due loro amici era stato un uomo messo sotto ipnosi dagli investigatori. Le accuse contro gli altri tre indagati erano cadute, mentre Fogle era stato incastrato dalle testimonianze di tre suoi compagni di prigione. Questi avevano raccontato che l’uomo avrebbe confessato loro il delitto. Innocence Project è riuscito a far riaprire il caso e far sottoporre lo sperma trovato sul corpo della vittima ad un esame del Dna, esame che non esisteva all’inizio degli anni 80. L’analisi ha dimostrato che lo sperma non era di Fogle. Il procuratore distrettuale della Pennsylvania Patrick Dougherty ha deciso così di annullare la condanna e far liberare il detenuto su cauzione. “Non dico che sia davvero innocente – ha spiegato il magistrato -. Credo che ci siano abbastanza elementi per dargli un nuovo processo, e questo è tutto quello che ho acconsentito di fare”. Il procuratore sta facendo comparare il Dna dello sperma sul cadavere con quello degli altri tre indagati all’epoca (uno dei quali è morto). Il 14 settembre annuncerà se Fogle sarà sottoposto a un nuovo processo. “Potrebbero non esserci prove sufficienti per riprocessarlo – ha spiegato Dougherty -. I testimoni potrebbero essere morti o non ricordare molto dopo tutti questi anni. La domanda è: 40 anni dopo, abbiamo i pezzi del puzzle?”.

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