Palermo: 30 anni fa l’omicidio di Ninni Cassarà

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Era il 6 agosto 1985 quando il commissario Antonino Cassarà (detto Ninni) fu ucciso sotto casa, in viale Croce Rossa a Palermo, da un commando mafioso che sparò 200 colpi di kalashnikov

“In quegli anni non c’erano supporti tecnici d’aiuto alle indagini contro la mafia: il vero computer era la testa di Ninni Cassarà. La sua intelligenza investigativa era fuori dall’ordinario. Era davvero un ‘eccezionale poliziotto’, come fu definito dall’ex procuratore antimafia Piero Grasso”. Così l’ex vicequestore della Polizia scientifica Margherita Pluchino, che negli anni Ottanta lavorava nella sezione investigativa della Squadra mobile di Palermo guidata da Ninni Cassarà, ricorda – parlando all’Adnkronos – il commissario ucciso dalla mafia trent’anni fa. Era il 6 agosto 1985 quando il commissario Antonino Cassarà (detto Ninni) fu ucciso sotto casa, in viale Croce Rossa a Palermo, da un commando mafioso che sparò 200 colpi di kalashnikov. Fu colpito anche l’agente Roberto Antiochia, 23 anni, rientrato dalle ferie per stare vicino al suo capo. Cassarà, aveva 38 anni, quando spirò sulle scale del palazzo tra le braccia della moglie Laura. “Cassarà sognava una Palermo libera dalla criminalità e dalla mafia: ce l’ha messa tutta, ma ci ha lasciato la pelle”, racconta Margherita Pluchino. Cassarà, racconta ancora l’ex poliziotta, “era capace di coinvolgere tutto il personale, dava fiducia a tutti e la sua squadra funzionava alla perfezione: ognuno si sentiva responsabile del compito che gli veniva affidato. Aveva una grande capacità organizzativa. Lavorava senza orari ed era capace di scendere in piazza per i suoi uomini in qualunque momento, supportandoli. Non scaricava mai nessuna responsabilità assumendosele in prima persona e questo per noi che lavoravamo con lui era tanto”. Dopo l’assassinio del commissario Beppe Montana, ucciso dalla mafia il 28 luglio del 1985, ci fu un’accelerazione degli accadimenti. “Ero rientrata dalle ferie di corsa a Palermo – ricorda Pluchino -. C’era l’inferno in quei giorni. Cassarà viveva in un isolamento totale”, abbandonato anche da “funzionari e colleghi“. Solo questione di tempo poi l’agguato che lasciò una scia di sangue in viale Croce Rossa a Palermo. “Senza il suo lavoro sfociato nel famoso rapporto dei 161+1, che rivelò la struttura dei mandamenti mafiosi, non ci sarebbero state tutte le indagini successive che portarono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a istruire il maxiprocesso contro Cosa Nostra – dice ancora Pluchino -. Quel rapporto fu una base (e un metodo) indispensabile e insostituibile per le investigazioni che inchiodarono oltre 400 persone per reati di mafia”. Da non dimenticare “l’intuizione che ebbe con le indagini che seguivano la ‘via di soldi’ inaugurata proprio con l’amico e collega Falcone”, aggiunge Pluchino ricordando l’eccezionalità del suo lavoro. Domani “ci sarà una messa di commemorazione che sarà celebrata alla caserma ‘Lungaro’. Purtroppo in tanti anni la figura di Cassarà non ha avuto tutto il rilievo che merita”, sottolinea l’ex poliziotta plaudendo all’iniziativa di un documentario per ricordare la figura di Cassarà a 30 anni dalla sua morte. Si tratta del doc ‘Ninni Cassarà, un bravo poliziotto’, prodotto da Rai Cultura, in collaborazione con la Scuola Superiore di Polizia, per la regia di Silvia Mattioli.

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