Reggina, adesso guardiamo al futuro e facciamo chiarezza. Ecco come ripartire subito dalla D

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Reggina, ecco come una nuova società può ripartire subito dalla serie D, purché abbia, come richiesto dalla Federazione, “continuità con la precedente”

Incassata la batosta, bisogna ripartire. La Reggina si ritrova con le ossa rotte e domani vedrà ratificata dal Consiglio Federale l’esclusione dal prossimo campionato di Lega Pro. C’è poco tempo e bisogna fare in fretta per organizzarsi e pensare al futuro, per ripartire dalla serie D con una nuova società tutta amaranto che possa ereditare il titolo sportivo della Reggina Calcio che comunque non è ancora formalmente fallita, bisognerà capire quindi come muoversi dal punto di vista burocratico e amministrativo.

La soluzione più apprezzata dai tifosi, e assolutamente la più auspicabile da parte di tutti, sarebbe quella che vedrebbe l’impegno di Mimmo Praticò e di quelle forze sane e pulite che hanno combattuto fino all’ultimo istante per salvare la Reggina, una società gloriosa che fino al 30 maggio ha regalato soddisfazioni straordinarie e da cui adesso, seppur con una ripartenza come già accaduto nel 1986, bisogna mantenere una certa continuità a 360°. E’ quello che vogliono i tifosi, è quello che prevedono le norme federali.

Nessuno vorrebbe che la Reggina fosse sostituita da un altro club mascherato d’amaranto: l’operazione con l’Hinterreggio, dietro la cui iscrizione con riserva ci sarebbe Pino Benedetto coadiuvato da Gabriele Martino che avrebbero già incassato l’appoggio del Sindaco Falcomatà, sta già creando molti malumori in città. Benedetto è ancora ricordato come “quello della portaerei“, Martino come l’artefice del fallimento sportivo della “corazzata-Novellino” del 2009, da dove sono nati tutti i problemi degli ultimi anni. In tanti ricordano le plusvalenze di Bianchi & company, ma le decine di milioni buttati al vento quell’anno in serie B sono state la mazzata più grande che ha compromesso la solidità della Reggina. Tutte le esperienze tecniche di Martino negli ultimi 10 anni, da Catanzaro (2005) e Perugia (2007) a Reggio Calabria (2008-2009) e Barletta (2013), sono state calcisticamente disastrose, concluse con licenziamenti, retrocessioni e fallimenti, per lui che invece tra 1991 e 2004 con la Reggina aveva fatto benissimo, affiancando Iacopino nella grande scalata dalla C alla A. Ma a prescindere da questo, è bene precisare che su queste voci, di cui si mormora molto in città da tempo con tanto di spazio su molti mass-media, non abbiamo avuto alcun riscontro ufficiale.

Al momento possiamo fare soltanto ipotesi: se fosse un’operazione reale, non farebbe altro che allontanare la tifoseria reggina che mai andrebbe a sostenere chi ha spinto per il fallimento del club, mai andrebbe a tifare per una società che ha un altro nome, un’altra storia e altri colori sociali, pur mascherati con il sostegno delle istituzioni che – tramite il Sindaco – potrebbero indicare l’Hinterreggio come il principale club cittadino, dal colore amaranto e, nel giro di un anno, anche al nome “Reggina”. Ma, lo ripetiamo, su queste voci non c’è al momento alcun riscontro ufficiale: se si tratta di verità o al contrario di una leggende metropolitana lo scopriremo nei prossimi giorni.

Certamente per la popolarità del Sindaco Falcomatà, scegliere di sostenere un’operazione di questo tipo sarebbe il definitivo colpo di grazia: già preso di mira sui social network in modo molto pesante per come ha gestito, con grande freddezza e distacco, l’agonia della Reggina determinando una frattura senza precedenti tra il Comune e il club, andare adesso a sostenere un progetto di questo tipo paleserebbe quella che tutti vedrebbero come una manovra ordita ad arte per far fallire volutamente la Reggina per meri interessi speculativi tutti personali. Ci auguriamo che così non sia, perché – come anche molti colleghi hanno avuto modo di scrivere in queste ore – anche noi non presteremmo alcun tipo di attenzione ad una società priva di storia e di identità amaranto, anche se dovesse arrivare in Champions League, che non sia la vera Reggina. Nel rispetto dei valori sani dello sport, nel rispetto dei sentimenti della tifoseria.

Lo scriviamo da giorni: si mettano tutti l’anima in pace. Il punto di riferimento della Reggio calcistica sarà sempre e solo la Reggina vera. Adesso bisogna ripartire da quelle forze sane che hanno provato a salvare il club con tutte le loro forze, al fianco di Lillo Foti ormai nella storia del calcio reggino: da Mimmo Praticò a Fortunato Martino e da quegli operatori che avevano dato la disponibilità ad investire per salvare il club. In questo modo si potrà ripartire dalla D senza avvoltoi, sciacalli e speculatori, creando una nuova società entro la prossima settimana e chiedendo la nuova affiliazione alla Federazione. La Reggina del fallimento del 2015 non è più quella del 1986, si è trasformato in uno dei club più blasonati d’Italia, oggi la sua non iscrizione fa più rumore di quella persino del Venezia, dopo 29 anni di successi straordinari fino a poche settimane fa con l’indimenticabile gol di Balistreri al San Filippo. Non potrà essere certo un fallimento, una ripartenza, uno stop and go, a compromettere la storia di un ciclo così eccezionale, un’era di vittorie prima inimmaginabili destinate adesso a diventare leggenda. E’ stato qualcosa di talmente tanto grande che mai potrà essere dimenticato o sostituito, seppur con l’epilogo fallimentare e le prospettive polverose che dopotutto nella storia ultracentenaria in più occasioni erano già appartenute alla Reggina, al contrario dei 9 anni di serie A che hanno rappresentato un’eccezione di gran lunga al di sopra di ogni più rosea aspettativa di una piazza da sempre periferica, economicamente degradata, provinciale e marginale rispetto al resto del Paese.

La Reggina nella sua storia ultracentenaria, dalla fondazione del 1914, non ha mai giocato in serie D. Ma adesso, dopo la riforma dei campionati, la serie D è la quarta categoria del calcio nazionale, quella che una volta si chiamava Serie C2, prima ancora IV Serie, e la Reggina l’ha già disputata 7 volte, l’ultima volta nella stagione 1985/1986 quella conclusa con la promozione, poi il fallimento dell’AS Reggina e la nascita della Reggina Calcio che ne prendeva l’eredità (oltre ad aver disputato soprattutto nei primi decenni di storia tanti campionati minori che oggi equivalgono a categorie ben inferiori alla D).

Cerchiamo di fare chiarezza su alcuni aspetti burocratici che ci accompagneranno nelle prossime settimane.

Il fallimento

Soltanto il fallimento formale della società comporta per la revoca del numero di matricola dell’affiliazione alla Figc. Finché non verrà dichiarato il fallimento, ed è difficile che possa accadere prima dell’udienza in programma per il 25 agosto in Tribunale, non dovrebbe essere possibile revocare il  numero di matricola dell’affiliazione alla Figc. In questo lasso di tempo la Reggina potrebbe incassare significativi crediti. Nelle 48 ore successive alla notizia del mancato perfezionamento dell’iscrizione in Lega Pro, tra le lacrime e lo sgomento del Sant’Agata, moltissimi giovani del vivaio hanno confermato – in base ai loro rapporti personali – di voler proseguire la loro strada nella Reggina, in qualche modo. Da un lato sciacalli e avvoltoi che non aspettavano altro, dall’altro valori umani talmente tanto solidi da rinsaldare determinati rapporti pur senza alcun vincolo formale. Anche alcuni dei più talentuosi prospetti di Berretti e Allievi, che molto bene hanno fatto nell’ultima stagione in Lega Pro, avrebbero già palesato la loro intenzione di non abbandonare il club. Siamo al 16 luglio e sul mercato in uscita nulla si muove ancora. Staremo a vedere cosa accadrà.

La “continuità” per il titolo sportivo

In base alle norme della NOIF (Norme Organizzative Interne della Federazione) per l’attribuzione del titolo sportivo e del numero di matricola dell’affiliazione alla Figc per eredità sportiva ad una nuova società, la Federazione deve verificare che la nuova società sia in grado di “fornire adeguate garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale“. Deve essere, quindi, una società che possa ereditare il nome, i colori sociali, i trofei, il palmarés, la tradizione sportiva, le vittorie e finanche le sconfitte. In sostanza l’insieme di quelle componenti infungibili che rappresentano un patrimonio aziendale intangibile, unico nel suo genere, denso di significati sociologici ed economici, integranti la passione sportiva. Mai e in alcun modo un’altra società, come ad esempio l’Hinterreggio, potrebbe ottenere l’eredità sportiva della Reggina in base alle norme della Federazione. Il titolo sportivo non è solo un asettico riconoscimento da parte della FIGC delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato campionato “ma è soprattutto un trasferimento del patrimonio immateriale della precedente società. E questo patrimonio non ha solo un valore di eredità morale bensì un rilevante valore economico costituito dalla possibilità di sfruttare economicamente la continuità (si pensi alle sponsorizzazioni, ai diritti per le riprese televisive ecc.); non per nulla la nuova squadra ha conservato il nome ed i colori della vecchia e, per ultimo non meno importante, la tifoseria granata ha trasferito la propria passione sportiva, come è dato notorio, alla nuova squadra, pur composta in gran parte da calciatori diversi…”. Altro aspetto importante, nella nuova società non potranno esserci cariche dirigenziali o societarie per alcun componente della vecchia società fallita.

Abrogazione del Lodo Petrucci

Con una delibera del 27 maggio 2014, il Consiglio Federale della FIGC ha abrogato i commi 6,7,8,9 dell’art. 52 NOIF, cioè il “Lodo Petrucci”, compresa la norma che prevedeva l’obbligatorietà dell’audizione del Sindaco. Non vi è più quindi la necessità di chiedere il parere del primo cittadino sulla nuova società, ferma restandone la scelta di mera opportunità che resta, naturalmente discrezionale. A Parma, ad esempio, si è fatto ricorso per scegliere quale tra le due società nate per prendere il posto di quella fallita in serie A avrebbe dovuto proseguire l’attività sportiva cittadina. In base alle norme delle NOIF, la nuova società deve aver sede nella stessa città (per confermare il radicamento sul territorio), garantire la sua solidità finanziaria e “la continuità aziendale“, una garanzia della continuità con la precedente azienda, in modo che possa continuare la tradizione sportiva (“il che, in altre parole, significa che i tifosi della vecchia squadra possano continuare ad identificarsi con la nuova“) Secondo la Corte d’Appello l’intento sportivo perseguito dalla FIGC è quello di non lasciare “orfani” gli sportivi e di non disperdere i tifosi della squadra gestita dalla società che ha perso il titolo.

Nessuna “incompatibilità” per due squadre della stessa città in serie D

Non vi è alcuna incompatibilità all’esistenza di due squadre della stessa città in serie D, purché una delle due abbia già precedentemente il diritto alla partecipazione del torneo e soltanto una venga ammessa dalla Federazione per motivi di merito sportivo. Non c’è alcun motivo per cui una nuova Reggina e l’Hinterreggio non possano disputare insieme la prossima serie D: l’Hinterreggio l’ha conquistata sul campo e ha già presentato domanda di iscrizione (pur con riserva), adesso dovrebbe completare l’iscrizione con una spesa di circa 50.000 euro tra tasse e fideiussione. La nuova Reggina invece verrebbe ammessa (anche in soprannumero) dopo aver ottenuto il titolo sportivo della Reggina Calcio, per i propri meriti sportivi. Gli esempi di due squadre della stessa città in serie D sono numerosi e frequenti nella storia del calcio italiano, basti pensare al Messina che negli scorsi anni s’è ritrovato nel girone I della serie D insieme al Città di Messina, che in realtà era il Camaro e che nel 2010 ha provato a sostituirsi (senza successo) alla principale espressione calcistica della città, l’Acr.

Nessun motivo per ripartire dall’Eccellenza

Con l’abrogazione del Lodo Petrucci, non v’è più alcuna norma che impone alle squadre che falliscono in Lega Pro di ripartire da due categorie inferiori (quindi dall’Eccellenza). Una nuova Reggina potrebbe immediatamente essere ammessa in serie D (anche in soprannumero) come accaduto lo scorso anno al nuovo Siena e al nuovo Padova, come stanno facendo in queste ore a Venezia e Varese. Entro la prossima settimana bisogna però inviare quantomeno una lettera di intenti in FIGC per chiedere l’ammissione alla serie D.

I costi

Per partecipare con una nuova società alla prossima serie D, bisogna raccogliere nell’immediato 350.000 euro. Nello specifico, va effettuato un versamento di 300 mila euro a fondo perduto, mentre gli altri 50.000 euro sono di tasse (fideiussione di 31.000 euro più altri oneri tra tassa associativa, tassa di iscrizione alla Serie D, tassa di iscrizione al campionato Juniores, acconto spese ed assicurazione quantificabili in 19 mila euro), da parte della nuova proprietà che dovrà anche realizzare un piano triennale tecnico – sportivo che dimostri la sostenibilità dell’investimento compiuto.

I tempi

I tempi sono ristrettissimi. Lo scorso anno l’ammissione alla serie D di Padova e Siena è stata ufficializzata il 6 agosto, ma già tra 22 e 24 luglio le nuove società avevano presentato le apposite richieste. Insomma, bisogna fare tutto entro la prossima settimana ed è la difficoltà più grande per la nuova Reggina ancora allo stato embrionale.

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