Messina: il destino del nuovo porto

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“Opere megagalattiche in luoghi pericolosi”

L’amministrazione comunale e la deputazione nazionale di Messina stanno chiedendo il via libera per procedere alla realizzazione del nuovo porto di Tremestieri (Messina) finalizzato alla liberazione della città dai TIR.
Il progetto dovrebbe essere realizzato in un’area ad alto rischio idrogeologico, a sud dello scalo attuale che si è dimostrato inadeguato ad assorbire il traffico dell’attraversamento dello Stretto.

Deborah Ricciardi (Presidente del MAN), Leandro Janni (Presidente regionale di Italia Nostra) e Maria Grazia Attanasi (Presidente WWF Sicilia Nord Orientale) hanno mosso diversi reclami in merito alla realizzazione del nuovo porto. Occorre premettere che le scriventi associazioni condividono la necessità del fine ultimo del progetto , ma non possono sorvolare gli altissimi rischi che comporterebbe la realizzazione dell’iniziativa.

Costruire una nuova enorme struttura , senza un approfondito e aggiornato studio di impatto ambientale, significherebbe vanificare circa 80 milioni di euro che si intendono investire. Le ingenti somme rappresenterebbero un clichè dei progetti meridionali, servirebbero a “rattoppare” ciò che si ostina a costruire, disinteressandosi delle conseguenze (ambientali ed economiche) già osservate dalle associazioni nel aprile, luglio e settembre 2014 e fatte presenti alla Commissione CTVIA-VAS del MATTM . Occorre inoltre sottolineare che la precedente amministrazione del Comune di Messina ha commissionato all’ENEA una dettagliata mappatura del territorio, nel febbraio 2013, la quale costituisce la summa dei pericoli che investono la realizzazione del nuovo progetto.
Tali osservazioni non sono mai state prese in considerazione.

La realizzazione dell’attuale porto ha innescato fenomeni di erosione costiera estremamente gravi. Questo, si interra in occasione di ripetuti eventi meteo marini e venti che richiedono costosi interventi di rimozione dei detriti a carico dei cittadini e che interrompono le funzionalità del porto per lunghi periodi. Le informazioni relative alla dinamica della costa risalgono al 2008, da queste è possibile notare come in poco tempo dopo la realizzazione dell’attuale porto (2006) vi fossero evidenti correlazioni tra la gravissima erosione e la nuova infrastruttura portuale. Appare evidente che un nuovo porto avrà l’effetto di deviare l’energia dell’onda. Attualmente Galati (ME) gode di un aspetto romantico che ricorda i canali veneziani: il mare è arrivato dentro le case.
Il nuovo porto interferisce con lo sbocco di tre fiumare (Guidara, Canneto e Farota ) e interessa l’area territoriale che ha fatto da palcoscenico alla terribile alluvione del 1 Ottobre 2009. Per le tre fiumare sono previste ulteriori regimazioni e intubamenti, oltre a vasche di raccolta, a monte, di materiale detritico. Tuttavia , in un’area altamente rischiosa per conformazione geomorfologica ed esposizione, appare da sprovveduti non mettere in conto l’impotenza umana dinanzi alle catastrofi ambientali. Questa incomprensibile sicurezza si evince nel parere emesso dalla CTVIA del MATTM del 2014: “le opere in progetto andranno a sicuro beneficio di una generale rinaturalizzazione dell’ambiente e di una decisa diminuzione del rischio idrogeologico”.

La rimozione del materiale detritico “sarebbe” un’azione periodica e a spese del proponente, che pur essendo un’ottima iniziativa non eliminerebbe la possibilità dell’insufficienza delle vasche di raccolta e l’inquietante rischio che la discarica possa “riversarsi sul torrente e arrivare alla foce”. Le intenzioni sarebbero quelle di utilizzare il materiale di dragaggio per un ripascimento costiero. Per comprendere l’enorme impatto che avrebbe la previsione di gettare in mare 711.000 mc, si ricorda che il materiale caduto in occasione del 2009 è stato stimato in 80 mila mc e ha distrutto interi tratti di mare. Questo dato agghiacciante mostra come nel caso del nuovo porto, si tratterebbe di quasi 10 volte la quantità di materiale caduta per eventi naturali.
Qui di seguito vengono riportati alcuni stralci di un interessante articolo del prof. Ortolani , docente dell’Università Federico II di Napoli, in merito al problema: “Gli effetti causati dalla costruzione dello scalo di Tremestieri erano agevolmente prevedibili e dovevano essere stati ben individuati in uno studio di impatto ambientale […] Lo studio di impatto ambientale relativo al secondo scalo portuale è “reticente” colpevolmente e ingiustificatamente per quanto riguarda il prevedibile impatto negativo sul litorale a sud come già si è verificato con la costruzione dell’attuale scalo portuale”.
Sarebbe stato opportuno rivalutare i flussi di traffico ed eventualmente prendere la decisione di agire sul porto già esistente. O ancora, si potrebbe accelerare il progetto della Via Don Blasco , una soluzione temporanea ( meno costosa )che collegherebbe il porto di Messina con la rete autostradale escludendo il tessuto urbano centrale. Questa iniziativa sfrutterebbe la viabilità già esistente , senza incidere sull’ambiente marino e sui corpi idrici.

La necessità di studi aggiornati e approfonditi potrebbe servire a rimodulare il progetto, a localizzarlo altrove. Invece si è deciso di escludere queste considerazioni obbligatorie e procedere alla realizzazione di un progetto su studi datati e incompleti, in un territorio estremamente fragile a leggi ambientali precise.
Le associazioni chiedono che venga riavviata una nuova e approfondita Valutazione di Impatto Ambientale sul nuovo progetto, ormai datata, e che non vengano conferiti i poteri speciali per la realizzazione dello stesso.

La dott. Anna Giordano, Responsabile Ecologia e Ambiente del WWF inoltre afferma: “Mi domando quale sia la logica con la quale si prevedano opere megagalattiche in posti pericolosi, mettendo (malamente) mano alle fiumare, nonostante ciò che avremmo dovuto imparare in seguito a ogni alluvione”.

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