Grecia, referendum: i possibili scenari dopo il voto di domenica

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I cittadini greci sono chiamati domenica alle urne per un referendum che avra’ conseguenze non solo sulla Grecia ma sulla stessa Europa

Fronte del No al referendum greco – foto LaPresse

I cittadini greci sono chiamati domenica alle urne per un referendum che avra’ conseguenze non solo sulla Grecia ma sulla stessa Europa. Difficile al momento fare pronostici, nei sondaggi il “si'” e il “no” viaggiano appaiati e il 15 per cento circa dei votanti si mostra ancora indeciso. Il governo ha deciso di porre le due opzioni di voto non l’una accanto all’altra, ma una sopra e l’altra sotto, posizionando in alto la cella “oki” ovvero no. Sabato scorso, annunciando la rottura delle trattative con i debitori, il premier greco Alexis Tsipras aveva spiegato che la decisione era stata presa sia per dare modo ai cittadini di esprimersi in nome della democrazia, sia per potersi presentare, dopo l’eventuale vittoria del no, al tavolo delle trattative legittimato e rafforzato dal voto. Nel corso della settimana pero’ lo scenario e’ cambiato ed ormai il voto e’ diventato, in pratica, legato a due opzioni: rimanere o meno nell’Unione europea; continuare a rimanere nell’euro o tornare alla dracma. Un referendum non ammette compromessi, o vince una parte o l’altra, e cosi’ la Grecia ha ora davanti a se’ due strade divergenti tra loro. In caso di vittoria del no il paese ellenico sarebbe fuori dall’Europa e dall’euro. A quel punto sarebbero infatti i creditori a chiudere la porta ad Atene per giungere ad un nuovo salvataggio. La libera circolazione dei capitali sarebbe sospesa ed Atene dovrebbe immettere quanto prima sul mercato le nuove dracme, e le banche elleniche non riceverebbero piu’ gli aiuti necessari a garantirne la sopravvivenza ed anzi i creditori internazionali potrebbero chiedere l’immediato rispetto delle scadenze concordate, provocando l’immediato default del paese. La Grecia attualmente deve restituire ai suoi creditori 281 miliardi di euro, piu’ del suo stesso Prodotto interno lordo; di questi 131 dovranno andare al Fondo europeo di stabilita’, altri 87 miliardi invece spettano a investitori privati e singoli stati europei. Anche per l’Europa pero’ le conseguenze di una vittoria del no potrebbero essere pesanti. L’uscita della Grecia potrebbe dare slancio a tutti i movimenti anti europeisti o anti euro dei paesi che compongono la Ue, mutando profondamente il quadro politico internazionale. La vittoria del no potrebbe quindi suggerire a Bruxelles di accelerare il crollo di Atene per frenare la crescita dei partiti euroscettici, mostrando le conseguenze di un abbandono dell’Unione e della moneta unica. Scenari ovviamente molto diversi in caso di successo del si’. L’esperienza del governo Tsipras sarebbe al capolinea e per la Grecia si aprirebbero nuovi scenari politici. Scontata, o quasi, la formazione di un governo tecnico per far ripartire le trattative con Bruxelles ed il Fondo monetario internazionale (Fmi), e lo sblocco degli aiuti destinati ad Atene, circa 16 miliardi di euro, 1,8 dei quali relativi al fondo di stabilita’ finanziaria, 10,9 miliardi provenienti da un fondo di stabilita’ per le banche greche e in oltre 3,5 miliardi in profitti delle banche centrali. Voci ricorrenti per il nuovo governo indicano nel governatore della Banca centrale greca ed ex ministro delle Finanze durante il governo di Antonis Samaras nonche’ membro del Bilderberg, Yannis Stournaras, il successore di Alexis Tsipras alla guida del paese. A quel punto il governo tecnico per avere i voti in parlamento dovrebbero ricevere anche il sostegno della parte piu’ moderata di Syriza e di Greci indipendenti (Anel), considerando che il partito di estrema destra Alba dorata non ne sarebbe chiamato a far parte. Con la formazione di un nuovo esecutivo piu’ europeista le trattative si riaprirebbero e a quel punto e’ facile ipotizzare che i creditori avanzino dilazioni maggiori rispetto a quelle imposte a Tsipras. Le richieste ovviamente sarebbero sempre quelle di nuovi tagli alle pensioni, obiettivi rigidi di avanzo primario, una dura riforma fiscale, tagli alle spese militari, privatizzazioni e liberalizzazione del mercato del lavoro e revisione dell’Iva per legata al settore turistico. La vittoria del si’ potrebbe permettere ad Atene di ottenere nuovi aiuti immettendo anche nuova liquidita’ sul mercato interno, rafforzerebbe l’euro e ridarebbe nuovo slancio all’integrazione europea. La posta in gioco, quindi, e’ molto alta sia in un senso che nell’altro, con i 9,85 milioni di greci chiamati alle urne domenica che decideranno non solo il futuro di Atene, ma anche quello dell’Europa.

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