L’ombra del fallimento greco. E se Tsipras stesse bluffando?

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Nessun Esecutivo dotato di buonsenso può muoversi con tanta noncuranza. Lo spettro della Grossa Coalizione dietro il minuetto referendario

Tsipras - foto LaPresse
Tsipras – foto LaPresse

Mercati in fibrillazione, borse a picco e banche chiuse. Quando predicemmo questi scenari, i benpensanti ci accusarono di fatalismo. Ma come – sostenevano lor signori – davvero pensate che i creditori resteranno fermi nelle proprie posizioni, pur di mantenere una ottusa linea di rigore ad oltranza? Spiegammo, in quel caso, che rigore e austerità sono diventate password sbagliate, declinate a sproposito nell’attuale contingenza. Esse non sono “una soluzione possibile“, come amano ripetere i sostenitori di Varoufakis; rappresentano, semmai, l’unica strada percorribile per salvare un malato in stato terminale.

Banche greche chiuse  - foto LaPresse
Banche greche chiuse – foto LaPresse

Inghilterra e Spagna, paesi con economie diverse e con problemi differenti, hanno del resto adottato strategie analoghe e simili sono stati i risultati positivi conseguiti dalle due nazioni occidentali. La Grecia ha annacquato l’austerità, scegliendo delle zone d’ombra da proteggere alla stregua di riserve indiane: così non è riuscita a destarsi dalla crisi.

Adesso sarà il popolo a pronunciarsi sul futuro assetto della comunità ellenica nel Vecchio Continente, mentre tutto sembra volgere al peggio con Syriza che invita gli elettori a bocciare gli accordi internazionali raggiunti. Tsipras ha esortato i greci a rimanere calmi e ha garantito che i depositi sono al sicuro, una garanzia talmente solida che si è ben pensato di chiudere gli istituti bancari, pena la corsa agli sportelli. Se c’è un dato che emerge drammaticamente da questa crisi finanziaria, è che “pacta sunt servanda” dalle parti di Atene non è un adagio che gode di buona salute.

Angela Merkel  - foto LaPresse
Angela Merkel – foto LaPresse

A fronte di tutto ciò, la Germania resta critica. Per il Governo tedesco la Grecia ha tutto il diritto di votare il piano secondo quanto stabilito dalla propria legislazione interna, ma i greci hanno anche il diritto ad avere una buona informazione sull’esito elettorale: sia nel caso in cui dovessero vincere i “sì”, sia nel caso in cui dovessero prevalere i “no“. Dalle parti di Berlino sono convinti di avere fatto delle concessioni ampie ai debitori mediterranei, tanto che la Cancelliera ha apertamente parlato di “un’offerta generosa“.

Duro è stato il giudizio di Juncker sull’operato della sinistra ellenica.  L’autorità politica che ha mediato per Atene cercando una sinergia positiva nell’Eurogruppo stamane ha manifestato il suo rancore: “Egoismi, giochi tattici e a volte populisti hanno avuto la meglio e dopo gli sforzi mi sento tradito” ha affermato il presidente della Commissione.

Jean-Claude Juncker - foto LaPresse
Jean-Claude Juncker – foto LaPresse

Si sente parlare di ultimatum, di accordo da prendere o lasciare, si è sentito parlare di ricatto. Dopo venerdì – ha proseguito Juncker – ancora una volta noi eravamo determinati a lavorare al miglior accordo possibile. Questo slancio è stato spezzato in modo unilaterale con l’annuncio del referendum da parte del governo greco. Ma non è stata detta tutta la verità. Far giocare una democrazia contro tutte le altre – ha concluso il capo della Commissione – non aiuta nessun cittadino, greco o europeo“.

Un duro monito all’Esecutivo Tsipras. E se i contatti fra i Governi sono frequenti in queste ore di alta tensione, proprio il premier greco ha tirato fuori dall’armadio l’armamentario della battaglia elettorale: “il momento della verità per loro è venuto, il momento in cui vedranno che la Grecia non si arrenderà, che la Grecia non è un gioco cui si può mettere fine. Sono certo che il popolo sarà all’altezza delle storiche circostanze ed emetterà un forte no all’ultimatum” ha detto con fermezza il primo ministro.

Secondo due sondaggi pubblicati sulla stampa nazionale, però, la maggioranza dei greci sarebbe pronta a votare a favore del piano redatto dall’ex Troika. Le percentuali a sostegno dell’intesa sfiorano il 57%, ma si tratta – per l’appunto – di rilevazioni statistiche, dati da prendere col beneficio dell’inventario.

Tsipras, Renzi e Merkel  - foto LaPresse
Tsipras, Renzi e Merkel – foto LaPresse

Non riusciamo ad escludere, in questo frangente, l’ipotesi che Tsipras stia velatamente bluffando. Il premier greco ha capito di essere stato eletto con un partito che fa delle proprie promesse l’unica ragione di vita, ma i tempi difficili e gli scenari inquietanti all’orizzonte potrebbero presto o tardi portare la linea della coerenza ad una deriva suicida.

Attualmente la situazione per Syriza è di stallo: se il referendum viene cassato, si aprono quei “territori inesplorati” che Draghi ha evocato come minaccia sul futuro del paese e della comunità intera; se il referendum passa, il governo perde non già una battaglia fra le tante, ma la guerra epocale. Ecco allora che Tsipras, vagliando i sondaggi e la forza dei partiti d’opposizione, potrebbe aver tentato l’azzardo: condurre una campagna elettorale su posizioni oltranziste, nella segreta speranza che dalle urne emerga il verdetto opposto a quello ufficialmente agognato. In un sol colpo potrebbe ridimensionare la minoranza interna ed invocare il senso di responsabilità delle opposizioni per costituire un governo di solidarietà nazionale, liberandosi dal giogo dell’ala estremista. Il tutto, magari, concedendo nel segreto dell’urna un supporto prospettico al partito del “”.

Ricordiamo, in conclusione, che il debito greco ammonta a 322 miliardi di euro: il 62% di questo è stato finanziato dai paesi dell’Eurozona, il 10% dal Fondo Monetario Internazionale e l’8% dalla Bce. L’Italia, con 40 miliardi di euro concessi ad Atene, è il terzo paese più esposto, dopo Germania (60 mld) e Francia (46 mld).

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