Cocaina dal Sudamerica per rifornire la ‘ndrangheta calabrese: 8 arresti, tutti i dettagli

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Traffico di droga: cocaina dal Sudamerica all’Italia per rifornire le cosche: otto arresti

Otto arresti, diciannove indagati, 417 chili di cocaina sotto sequestro, sigilli a immobili, conti correnti e quote societarie per circa otto milioni di euro. Sono i numeri della vasta inchiesta con cui la Guardia di Finanza, a Torino, ha sgominato un’organizzazione di narcotrafficanti che, per conto della ‘ndrangheta, importava la droga dal Sudamerica. Una banda che faceva base nel capoluogo piemontese per ramificarsi nelle province di Milano e Reggio Calabria. Intercettazioni telefoniche, microspie, videosorveglianza mascherata e analisi meticolosa dei flussi di denaro hanno permesso alle Fiamme Gialle del Gico e alla Dda di Torino di ripercorrere il percorso della droga e di individuare i responsabili.

Alcuni dei quali sono stati traditi, in parte, dal tenore di vita: vestiti griffati, acquisti pacchiani, vacanze principesche e interventi di chirurgia estetica che erano poco compatibili con i redditi ufficiali. La cocaina, nascosta nei container di navi mercantili, partita dal Brasile e, dopo una tappa nei porti del Nordafrica e della Spagna, arrivava a Gioia Tauro (Reggio Calabria), dove veniva recuperata da uomini vicini alla famiglia ‘ndranghetista dei Pesce, di Rosarno. Quindi si procedeva alla distribuzione fra il Piemonte (e in particolare alla ‘locale’ di Volpiano), la Lombardia (‘locale’ di Trezzano sul Naviglio-Buccinasco) e la Calabria (i clan di Plati’ e Rosarno). Una miniera d’oro per le cosche. Si stima che in soli cinque mesi sia stata importata una tonnellata di droga. Nel porto di Valencia ne sono state bloccate, su input dell’autorita’ giudiziaria italiana, tre partite per 417 chili. Oltre 35 milioni di euro il valore. La storia comincia da Nicola Assisi, un cinquantasettenne di origini calabresi trapiantato a San Giusto Canavese e inseguito da una condanna a 13 anni per traffico internazionale di droga. Gli inquirenti hanno scoperto che, nascosto in Brasile, aveva ripreso l’attivita’ facendosi aiutare da alcuni familiari (un figlio con lui in Sudamerica, un altro in Italia, la moglie come contabile e custode del denaro) e sfruttando i suoi contatti fra personaggi del Torinese in odore di ‘ndrangheta gia’ sfiorati dall’inchiesta Minotauro. Assisi, pero’, e’ ancora latitante: lo scorso settembre era stato arrestato a Lisbona, dove era arrivato in volo da Buenos Aires, ma le procedure per l’estradizione (bisognava eseguire l’ordine di cattura per la vecchia condanna) si erano arenate e lui, una volta libero, ne aveva approfittato per rendersi irreperibile. Dei quindici ordini di custodia cautelare firmati dal tribunale di Torino ne sono stati messi a segno otto. Nella villa del ‘capo’, a San Giusto Canavese, era stato interrato un tesoretto: quattro milioni di euro in contanti e 26 rolex. La Guardia di Finanza ha recuperato tutto. E ha messo l’immobile sotto sequestro

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