“Aiuto, moriremo tutti”: Renzi, la democratura e i partigiani da salotto

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La storia si ripete: ogni riforma diventa un golpe per un paese che vuole restare immobile

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Ogni qualvolta il Parlamento discute una riforma, in Italia scatta il parapiglia: “è un golpe“, “è il segno della deriva autoritaria del Governo“, “è il tentativo di restaurare un regime fascista“. Il campionario di banalità viene tirato fuori con cadenza puntale, manco fosse un orologio svizzero: così la riforma del Senato diventa l’applicazione del Piano Rinascita della P2, la riforma della #buonascuola assume i caratteri della satrapia dei presidi, la legge elettorale viene immancabilmente istituita per truffare la cittadinanza.

Tutto ruota attorno al passato, alla nostalgia degli apparati di propaganda che, semplificando gli scenari, scaldavano empaticamente i cuori delle piazze più o meno proletarie. Così, per l’appunto, la società “paternalistico-fallocentrica” – per dirla con l’astruso linguaggio dei sociologi – diventa il viatico per evocare lo spettro di De Gasperi o il fantasma della massoneria occulta. Yawn.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Poiché a dirla grossa si guadagna l’attenzione dei giornali, quasi tutti seguono il trend, da sinistra a destra senza distinzioni: prova ne sia il fatto che le singole dichiarazioni estrapolate dalle agenzie rendono impossibile attribuire una frase talora alla Camusso talaltra a Brunetta. Si corre il rischio d’incappare in errori grossolani.

Naturalmente Renzi è soltanto l’ultimo anello di una catena che qualcuno, squarciando il velo delle ipocrisie, definisce con coerenza involutiva. Si parte da Crispi, si passa da Mussolini a Craxi per arrivare a Berlusconi e Renzi. Inevitabile, a questo punto, l’evocazione della vignetta di Biani, quella che raffigura l’ex sindaco di Firenze allo specchio contemplarsi nell’immagine del Cavaliere, alla stregua di un Dorian Gray contemporaneo.

Che a Mussolini, Craxi e Berlusconi si sia arrivati soltanto per la paralisi di un sistema ingessato, incapace di autoriformarsi e di autorigenerarsi secondo la lezione della liberal-democrazia britannica, è opinione che non interessa ai partigiani pop. Sì, perché le urla, gli strepiti, la progressiva erosione dei diritti sono parole in libertà cui non segue l’applicazione di una politica consequenziale.

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

Non so voi, ma se io fossi seriamente impaurito per l’instaurazione di un totalitarismo, fosse anche mediatico, vorrei dei parlamentari col sacco a pelo nelle Prefetture, intenti a relazionarsi con le grandi cancellerie europee, non minoranze riottose pronte ad esercitare la fronda alle prossime regionali. Ecco perché questa retorica da Palazzo, diffusa soprattutto fra i pentastelluti, puzza di marcio. “Aiuto, moriremo tutti” sembra un’espressione anacronistica da bar, non già l’appello disperato dei passeggeri del Titanic.

Giorgio Cremaschi, su Micromega, ha pubblicato un articolo dal titolo eloquente: “Non votare Pd, unico antidoto al potere assoluto renziano“. Qui l’operazione storica è più sottile, va a ritroso nel tempo lambendo la memoria di Luigi XIV, del suo “l’L’État c’est moi“. Cremaschi scrive che “l’Italicum è molto più pericoloso della legge truffa del ’53” (ma va!), che Renzi “si è costruito un sistema di governo che gli darà un potere praticamente assoluto” (addirittura), che gli organi di controllo non controlleranno alcunché. E siccome Renzi è troppo imberbe per aver progettato qualcosa di simile, il mandante dev’essere altrove: sta a Bruxelles, nell’Europa dei banchieri, quella che con Trichet e Draghi cerca quotidianamente di esautorare la politica in nome della crisi, quasi che il debito pubblico fosse un dettaglio marginale nella vita internazionale di uno Stato.

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse
Foto Vincenzo Livieri – LaPresse

La lezione greca può essere ignorata con la forza della volontà: “I poteri forti, le grandi multinazionali, la finanza e le banche hanno da tempo deciso che il sistema di diritti sociali europeo è, per i loro concreti interessi, insostenibile. La crisi è stata un grande occasione per realizzare compiutamente un obiettivo cui si lavora da oltre trenta anni, e le riforme politiche autoritarie ne sono lo strumento” (ri-yawn).

L’Italia diventa una landa desolata in cui la Troika gioca a Supermario con la vita dei cittadini, fino a imporre una società di mercato liberista dove il Pd – cito testualmente – diventa “un partito collaborazionista” coi poteri finanziari.

Ora, un paese che vive di emergenze, di resistenze fittizie a fascismi immaginari, perde facilmente la bussola e la conoscenza della propria storia patria. Additare l’avversario politico, che nel merito può anche proporre esimie scempiaggini, a prodotto di una sub-cultura autoritaria, pronto a speculare sulla vita degli ultimi pur di restare nella stanza dei bottoni, è un’operazione di una violenza retorica tale da evocare il vecchio squadrismo giornalistico del Popolo d’Italia. Che non era diretto da membri del Cln.

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