Mafia: “progetto di morte per Di Matteo era voluto dai servizi segreti e dai boss”

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Il pentito: “la condanna a morte del pm Di Matteo la volevano sia Cosa nostra che i servizi segreti, perché stava arrivando a svelare alcuni rapporti di potenti, proprio come il giudice Falcone nel ’92”

nino-di-matteo-pmLa condanna a morte del pm Di Matteo la volevano sia Cosa nostra che i servizi segreti, perché stava arrivando a svelare alcuni rapporti di potenti, proprio come il giudice Falcone nel ’92”. Lo ha detto il pentito di mafia Carmelo D’Amico, deponendo al processo per la trattativa tra Stato e mafia. Collegato in videoconferenza il collaboratore sostiene di avere appreso del progetto di morte del magistrato da Antonino Rotolo, mentre erano detenuti in carcere dal “2012 al 2014”. “I servizi segreti volevano morto prima il dottor Ingroia e poi il dottor Di Matteo – dice – Dovevano essere uccisi solo con un agguato, non con le bombe, perché Provenzano non voleva più le bombe. Dovevo essere io a fare l’agguato appena uscito dal carcere”. D’Amico dice di avere ascoltato in carcere Rotolo “mentre parlava con Vincenzo Galatolo, da una cella all’altra”. Il nome di Di Matteo non lo hanno mai fatto – dice oggi D’Amico – Lo chiamavano ad esempio ‘cane randagio’. Io chiesi a Rotolo di chi parlavano. E Rotolo mi disse che parlavano del pm Di Matteo. Diceva Rotolo che ‘da un momento all’altro’ aspettavano la notizia che il magistrato venisse ucciso. Lo volevano morto, era già stabilito che il dottore Di Matteo dovesse morire”. “Rotolo e Galatolo parlavano spesso e volentieri in carcere di Di Matteo, soprattutto quando parlavano del processo trattativa. Io poi ho avuto altri discorsi con Rotolo su Di Matteo”.

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