Sicilia, 2 milioni di sequestro per una ditta di vini: scatta l’operazione della GdF

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Dalle prime ore della mattinata, la Guardia di Finanza di Palermo sta perquisendo, su disposizione della Procura della Repubblica, le sedi di un noto gruppo imprenditoriale siciliano con vigneti nella provincia di Palermo, sottoponendo a sequestro conti correnti, immobili e autoveicoli degli imprenditori, per un valore di circa 1.900.000 euro.

Nel corso delle indagini i militari del Reparto Speciale della Guardia di Finanza hanno ricostruito, partendo dall’analisi dei flussi finanziari, un vorticoso giro di denaro, per mezzo del quale gli imprenditori palermitani hanno ottenuto, del tutto indebitamente, un contributo pubblico, per oltre 1,5 milioni di euro, riciclandone poi, a fini personali, circa la metà. La vicenda è iniziata nel 2007, quando la storica azienda vinicola dell’alto Belìce corleonese, alcuni anni dopo l’acquisizione di uno stabilimento vitivinicolo nella provincia di Brindisi, ha richiesto, ricevendolo in più tranches fino al 2010, un contributo alla Regione Puglia, finalizzato ufficialmente alla ristrutturazione di detta cantina. I finanzieri, partendo da due operazioni bancarie apparentemente scollegate da quel contesto e seguendo i soldi, hanno ricostruito un articolato sistema di frode, attuato dal rappresentante dell’azienda con l’ausilio di un imprenditore lucano trapiantato a Milano, per mezzo del quale è stata rappresentata alla Regione Puglia una realtà completamente artefatta, sia sotto il profilo dell’impegno finanziario apportato dagli imprenditori nell’investimento, sia sotto il profilo delle spese effettivamente sostenute. Più in particolare, dall’analisi finanziaria effettuata dai militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria è stato appurato che per mezzo di fatture false, transazioni bancarie anomale e documentazione fasulla, gli imprenditori palermitani del vino hanno ottenuto finanziamenti indebiti utilizzati, almeno in parte, per ripianare debiti pregressi piuttosto che per ammodernare gli strumenti di produzione.

Infine, una parte del bottino è rientrato in azienda o è stato spartito in famiglia. Per tale motivo sono oggi indagati, a vario titolo, per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio, sotto il coordinamento del Procuratore Aggiunto Salvatore De Luca. Analoghe contestazioni sono mosse autonomamente alla società, anch’essa colpita dal sequestro, chiamata a rispondere per gli illeciti commessi a suo vantaggio dalle figure di vertice.

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