Mentre in un altro sito è stata ritrovata una “punta musteriana” coeva della mandibola di un bambino di Neandertal scoperta a Reggio nei lavori di costruzione del tratto autostradale che arriva al porto. Il periodo che però ha restituito i più grandi siti preistorici è quello che dal Neolitico porta fino all’età dei metalli. A tale proposito sin dalle prime pubblicazioni dei siti preistorici, sono stati molti gli archeologi da tutte le parti del mondo a mostrare grande interesse dei risultati, tra questi il compianto prof. Santo Tinè dell’Università di Genova considerato tra i nomi più prestigiosi del secolo passato. Ora un gruppo di 20 università internazionali, guidati da una equipe dell’Università di Cambridge sta studiando i reperti fino ad ora ritrovati e conservati dal Museo Nazionale. Alcuni di questi reperti sono esposti presso il Museo di Reggio, Bova e Locri. I ritrovamenti fatti dai due studiosi, Stranges e Saccà, hanno consentito agli studiosi di mappare il territorio della costa ionica meridionale in un periodo che va dal Neolitico all’età del bronzo. Il lavoro del professor Stranges è, dunque, testimonianza di una grande eccellenza calabrese, sia per il contributo scientifico dato nel panorama della ricerca internazionale, sia per la straordinaria opportunità di far conoscere il già importante patrimonio archeologico della nostra regione. Al termine delle conferenza, seguirà, come di consueto, una breve visita al Planetario, e, se le condizioni metereologiche lo consentiranno, anche l’osservazione del cielo al telescopio a cura dello Staff.
Reggio: al planetario Pythagoras “La Calabria nella preistoria”
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