Reggio, violenza nei confronti di Fabiana Scordo: “c’è un senso di imbarazzo e vergogna”

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“Sono turbata. C’è un senso d’imbarazzo, impotenza, quasi vergogna in me come in tutti noi. Che altra reazione ci si può aspettare da ogni normale persona, i più, di fronte al gesto di ignobile violenza commesso da un giovane ai danni di una ragazza reggina, Fabiana, soltanto perché giudicata “diversa”. Ma cosa vuol dire diversa? Chi può giudicare la diversità? Cosa significa per questi soggetti violenti, dalla mente contorta essere dei diversi da loro? Sicuramente il concetto di diversità nasce da un ambiguo pensiero di discriminazione, spesso inconscio, ma talmente potente che esige manifestarsi. Una sorta di atteggiamento di rifiuto nei confronti di coloro che hanno caratteristiche fisiche, culturali e morali diverse dalle loro. Cosicché l’apparente senso di superiorità che giustifica il giudizio nei confronti degli altri, spesso altro non è che un reale complesso di inferiorità, più o meno cosciente” è quanto afferma in una nota Daniela De Blasio consigliera di parità. “Il suo disprezzo verso tutto ciò che è altro da lui, ha origine dalle sue insicurezze, dal timore che suscita il confronto con “il diverso “. Ma chi può giudicare chi? Un importante ruolo in soggetti simili gioca certamente il retaggio culturale che ancora, purtroppo, ci portiamo dietro: è quello dell’uomo “padre-padrone”, cresciuto anch’egli in una famiglia patriarcale dove la donna, che sia la mamma, la figlia o la sorella, vive da sempre sottomessa psicologicamente e moralmente all’uomo, spesso anche vittima della forza fisica di padre, fratello, marito, fidanzato….. Uomo, insomma, che misura la propria virilità con l’aggressività, bestialità direi, dei comportamenti e degli atteggiamenti. Ed ancora vi è da aggiungere il disagio psicologico e sociale, l’assenza di valori umani certi e soprattutto l’ignoranza, elementi tutti che alimentano le paure più assurde e indirizzano inevitabilmente alle soluzioni più sbagliate, come compiere atti di violenza. Ma è inutile nascondersi! Quando questi episodi di violenza – continua- nascono dalla mente di un giovane ragazzo, che fa parte di una generazione che non dovrebbe possedere questo retaggio culturale, sicuramente il dramma continua e bisogna rassegnarsi, o meglio attivarsi perché poco o nulla si è fatto per rimediare. Se alle nuove generazioni, il futuro della nostra società civile, non siamo riusciti a trasmettere valori positivi e il modello di una vita senza discriminazione, abbiamo fallito miseramente.  Anche perché, diciamocelo chiaro, anche questa è una forma di razzismo che si manifesta contro tutte le diversità: Contro chi ha scelto di star bene con la propria anima, contro chi ha un altro colore di pelle o parla un’altra lingua, contro chi professa un’altra religione. Siamo stanchi di ripetere che il modo migliore per superare questi atteggiamenti è quello della prevenzione attraverso percorsi di crescita culturale, civile e morale a partire dalla famiglia. Ma, per conquistare interamente queste anime perse – aggiunge- occorre, a mio avviso, affidarsi all’unica istituzione capace di dettare le regole di una vita senza discriminazioni: la scuola. Il ruolo fondamentale dell’istituzione scolastica serve a insegnare a scoprire se stessi, serve a conoscere e a confrontarsi con gli altri, a considerare le “differenze” non come tali ma come una ricchezza per se stessi e per gli altri. Da secoli le “diversità” sono state considerate una condizione di forte inferiorità e l’emancipazione morale è ancora davvero lontana. Noi tutti non dobbiamo macchiarci del marchio di infamia che il razzismo porta dietro di se. Tutte le persone devono essere libere di vivere la vita che hanno scelto, senza doversi preoccupare di uscire di casa o avere timore per la propria incolumità, soltanto perché qualche solitario scellerato ha deciso di difendere la sua “razza demente”. Voglio essere accanto – conclude- a coloro i quali vivono quotidianamente queste situazioni di disagio sociale dedicandogli qualche verso di una canzone, per renderli forti e convincerli a non mollare mai e soprattutto a vivere senza pregiudizi nella nostra splendida città, nella quale, fortunatamente, i dementi sono veramente pochissimi”.

“Al contrario di te, io non lo so se è giusto così. Comunque sia io non mi muovo, io resto qui. Sarebbe molto più semplice, per me, andare via. Ma guardandomi in faccia, dovrei dirmi una bugia. Come vorrei che fosse possibile cambiare il mondo che c’è: ma mi dimentico che dovrei vivere senza di te”

 

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