Amianto killer nelle carceri da nord a sud

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amianto L’amianto è presente nel 14% dei penitenziari italiani. Lo rivela una mappatura in possesso dell’Adnkronos. Dietro le sbarre con un killer silenzioso e il rischio, per i detenuti, di una doppia condanna. Sono 28 le carceri italiane dove è ancora presente l’asbesto, il minerale cancerogeno usato comunemente nelle costruzioni fino al 1992 quando una legge, la 257, lo ha bandito dal nostro Paese. Grondaie, tettoie, pannelli, cassoni, parti di impianti di depurazione, canne fumarie, manufatti all’interno dei vecchi penitenziari continuano a minacciare la salute di chi in galera sconta una pena e di chi ci lavora. Da Alessandria a Trapani sono tante le carceri ancora imbottite di amianto. Ventotto secondo il ministero della Giustizia, di più stando alle segnalazioni che arrivano dai sindacati di polizia penitenziaria e che aggiungono altri istituti a quelli già presenti nell’elenco fornito dal ministero. Come nel caso di Orvieto, dove “all’interno di un magazzino c’è un deposito di eternit rimosso molto tempo fa e in eternit sono due canne fumarie funzionanti”, dice Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del sindacato di polizia penitenziaria Sappe. La mappatura che l’Adnkronos è riuscita ad ottenere è stata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare presentata dal deputato del Movimento 5 Stelle Alessio Villarosa l’11 febbraio scorso. Il ministero chiarisce che nei casi segnalati “le direzioni hanno da tempo avviato le procedure per lo smaltimento” e dunque “tali situazioni sono sotto controllo, riguardano manufatti esterni alle strutture detentive e comunque in corso di rimozione”. Nello stesso prospetto fornito dal ministero si legge, per esempio, della presenza di “pannelli in eternit presso l’impianto di depurazione e nella canna fumaria della centrale termica” del carcere di Catania Bicocca, un complesso penitenziario dove ha sede anche l’istituto per i minori. E ancora a Catania, nel carcere di piazza Lanza, di una “tettoia nel cortile di passeggio per un totale di 110 metri quadri”. Per quanto riguarda poi la bonifica, nella tabella in almeno sei casi si legge, nero su bianco, che “si provvederà nel corrente esercizio finanziario, compatibilmente con le risorse disponibili”. “La situazione è veramente drammatica – dice all’Adnkronos Alessandro De Pasquale, segretario generale del Sippe – noi come segreteria generale abbiamo scritto a vari organi dell’amministrazione penitenziaria” e, aggiunge De Pasquale, “la cosa strana è che sempre nelle lettere dell’amministrazione penitenziaria c’è questo tentativo di minimizzare il problema perché si legge sempre ‘piccolo quantitativo, non pericoloso per i lavoratori’ ma l’amianto è comunque un pericolo per la salute pubblica. I colleghi quotidianamente ci segnalano le problematiche ma c’è una scarsa informazione sul pericolo costituito dall’eternit o comunque dalle fonti di amianto”. “L’amministrazione statale, il nostro datore di lavoro, ai sensi del decreto legislativo 81 del 2008 ha anche un obbligo di informazione nella propria unità amministrativa. Deve informare i lavoratori -aggiunge De Pasquale- sui rischi che ci sono all’interno della struttura ed è chiaro che molto spesso questo non avviene. Dobbiamo sempre ricordare che all’interno di una struttura penitenziaria ci sono i detenuti che devono scontare una pena, ma non è che devono scontare anche una pena di morte”.

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