Messina “città babba”, Natale in riserva: senza soldi e senza idee. E per capodanno è anche peggio

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E’ un Natale mesto, quello che Messina si appresta a vivere. Un Natale di crisi, l’ennesimo, fondato sui risparmi che le famiglie hanno minuziosamente messo da parte, con fatica, a dispetto delle cicale che negli anni passati hanno prosciugato le finanze di Palazzo Zanca.

L’arcivescovo Calogero La Piana ha messo nero su bianco le difficoltà della comunità. Rivolgendosi ai fedeli, l’alto prelato ha voluto divulgare un messaggio di speranza, in antitesi alle problematiche economiche, alla crisi che attraversa il mondo del lavoro, al “valore della vita messo a repentaglio da perversi meccanismi di una società manifestamente egoista e violenta“. Quasi ribaltando l’ordine delle priorità, il sindaco – Renato Accorinti – ha parlato di “rivoluzione dell’amore“, spiegando come il vangelo degli amministratori debba essere la Costituzione.

Tutto giusto, per carità, ma intanto Messina paga un clima di torpore civile. Quanti speravano di potersi muovere serenamente per le vie del centro, facendo acquisti sull’isola pedonale di via dei Mille, hanno dovuto rinunciare ai buoni propositi: l’intesa è mancata, il tavolo è saltato e così quanto di bello aveva fatto questa Giunta (assai poco in verità) è stato rimosso con un tratto di penna. Spetterà al Tar valutare se hanno ragione gli esercenti che hanno presentato ricorso o l’assessore Cacciola. Appare certo, al momento, che a pagare dazio siano stati i messinesi, finiti in ostaggio del traffico dopo aver assistito per mesi ad un dibattito privo di sbocchi.

E intanto la città si spegne lentamente. Una lunga agonia per nulla frenata dalla classe dirigente:  l’emergenza occupazionale è sotto gli occhi di tutti e, di là dall’impegno profuso nei confronti dei precari del Comune, non si ricorda un solo atto che abbia interessato il mondo del lavoro.

C’è poi la questione degli addobbi e delle feste. Perché se l’albero di Cairoli è stato rispedito al mittente e trasferito sull’isolato 13, tanto brutto pareva ai commercianti, adesso perfino il capodanno è messo in discussione. Tonino Perna, assessore alla Cultura, è tornato a minacciare le sue dimissioni. Come un Cossiga d’annata, l’esponente della Giunta ventila puntualmente questa ipotesi: “mi dimetto, anzi non mi dimetto più” sembra dire a fasi alterne, sulla base della disponibilità economica concessa con indulgenza dalla Corte dei Conti.

Non è così che si ragiona, non è così che si amministra una città: la situazione in cui versa l’erario pubblico è nota, ciò che è ignoto – perfino ai dirigenti del Comune – è il criterio con cui si determina la programmazione della Giunta. Perna vivacchia fra un’emergenza e l’altra, pronto a rimettere il mandato, quasi fosse questa la soluzione ai problemi. Eppure Messina non è il solo Comune siciliano in difficoltà. Sono in stato di dissesto: Aci Sant’Antonio, Bagheria, Caltagirone, Comiso, Ispica, Milazzo e Santa Venerina. Sono nel pre-dissesto: Augusta, Avola, Casteltermini, Ribera, Giarre, Mirabella Imbaccari, Riposto, Santa Maria Licodia, Scordia, Tremestieri Etneo, Montelepre, Cefalù, Caccamo, Monreale, Tortorici, Caprileone, Castelmola, Ficarra, Giardini Naxos, Scaletta Zanclea, Terme Vigliatore, Sant’Agata di Militello, Mirto, Militello Rosmarino e Catania.

E proprio sotto le pendici dell’Etna il 31 dicembre sarà scoppiettante: grazie al contributo offerto dai privati si celebrerà un concerto dedicato a Lucio Dalla, con artisti di primo piano come Simone Cristicchi e Paola Turci. E a Messina? Niente, nisba, nada. Nessun impegno nell’agenda cittadina. Allo scoccare della mezzanotte resterà il sapore amaro della sconfitta. Non ci saranno lotterie, come nel mese di Agosto, e non ci saranno mecenati illuminati disposti al sacrifico. Messina si conferma provincia “babba”: un po’ per pigrizia, un po’ per incapacità.

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