La locomotiva a vapore compie 200 anni

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treno_locomotiva_685_501x315Un treno che ‘vola’ a 500 chilometri orari sfrecciando a qualche centimetro sopra le rotaie, come quello a levitazione magnetica testato in Giappone appena qualche giorno fa. Nemmeno la fervida immaginazione del suo contemporaneo Jules Verne avrebbe potuto spingere, due secoli fa, George Stephenson a sognare un simile prodigio di tecnica e meccanica. Eppure, senza l’intuizione del padre della locomotiva a vapore, ingegnere autodidatta, oggi non esisterebbero i treni superveloci.

Cresciuto nel cuore della prima rivoluzione industriale, nel 1802 Stephenson viene assunto nella società mineraria dove lavora il padre come manutentore delle gallerie e dei macchinari per l’estrazione minerale. Sarà il suo impiego per dieci anni, durante i quali si appassiona alla meccanica e approfondisce le sue conoscenze sui motori a vapore.

Una passione che presto lo porta a smettere di operarli come ferri del mestiere per cominciare a costruirli, fino a realizzare, nel 1814, ‘Blucher’, un motore semovente capace di trasportare fino a 30 tonnellate di carbone in un solo carico. Nasce la prima locomotiva a vapore che resta saldamente ancorata alle rotaie grazie ad un sistema di ruote flangiate che ne assicurano l’adesione ai binari. Nei cinque anni successivi Stephenson realizza altre 16 locomotive a vapore. La sua invenzione, come un treno in corsa, percorrerà velocemente la strada dell’evoluzione, fino ad arrivare, due secoli dopo al convoglio da 500 chilometri all’ora.

Nel 1829 la linea tra Liverpool e Manchester è quasi ultimata e i dirigenti della compagnia ferroviaria devono decidere chi costruirà le locomotive. L’appalto viene assegnato in modo del tutto non convenzionale e molto british: una gara, una sorta di corsa di cavalli, passione mai sopita nel Regno Unito. Solo che al posto dei quadrupedi ci sono le locomotive. Il nome del purosangue di ferro di Stephenson è profetico: Rocket, razzo. E lui, insieme alla sua locomotiva, a sbaragliare il campo.

L’inaugurazione della linea, l’anno successivo, è un vero evento, con un parterre d’eccezione, ricco di nomi di spicco dell’industria e del governo, primo fra tutti il primo ministro dell’epoca, il duca di Wellington. I festeggiamenti, però, vengono funestati dal primo incidente ferroviario della storia, in cui perde la vita un membro del Parlamento di Liverpool. Un evento tragico che però non ferma né la ferrovia, né il successo che ormai arride a Stephenson e alla sua locomotiva, ormai padroni dei binari.

E pensare che al posto di Stephenson avrebbe potuto esserci un altro britannico, di origini russe: Richard Trevithik, un omone di oltre due metri soprannominato il gigante della Cornovaglia. L’ex minatore di Wheal Treasury, con spiccate doti per l’ingegneria, realizza nel 1804 la Pennydarren, una locomotiva che può spingere a 5 miglia orarie 5 vagoni con 10 tonnellate di ferro e 70 passeggeri. Il motore da 7 tonnellate, però, è troppo pesante e spezza i binari in ghisa. L’invenzione è un flop e Trevithik getta la spugna. La storia del treno comincerà solo dieci anni dopo.

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