Primo, non si è mai visto un Governo efficiente che viene mandato a casa dalla sua maggioranza. Finché la luna di miele dura, i parlamentari – da che mondo è mondo – cavalcano l’onda della popolarità. Viceversa se uno strappo si consuma, è perché vi sono dei malumori nei confronti dell’azione amministrativa. Ora, le sberle elettorali, i ceffoni ricevuti prima alle Europee e poi alle suppletive, hanno persuaso il Governatore dell’assennatezza di certe obiezioni: di questi tempi è meglio scongiurare un nuovo battesimo alle urne.
Secondo, azzerare la Giunta vuol dire ammettere il fallimento politico di un progetto. Se si decide di voltare pagina, è perché quanto visto sinora non è stato apprezzato né dai siciliani né dai membri eletti a Palazzo dei Normanni. La manovra ardita con cui Crocetta vuole mischiare le carte è a dir poco picaresca: l’ex sindaco di Gela avrebbe affermato che la nuova Giunta potrebbe somigliare alla precedente. Ma allora perché procedere in questa direzione? Perché porre in atto un rimpasto e non limitarsi a registrare una “convergenza programmatica”?
Quarto, l’opposizione è relegata al confino. Mentre Crocetta manda a casa la sua squadra di Governo, gli onorevoli che lo osteggiano discutono ancora le modalità della mozione di sfiducia. Fa scalpore, peraltro, l’incertezza che regna nel Movimento Per l’Autonomia. Il partito fondato da Raffaele Lombardo non ha ancora chiarito la sua collocazione rispetto alla Giunta. I maligni affermano che il contrasto sarebbe scemato dopo la nomina di due direttori generali all’Asp. Certo è che una maggiore trasparenza fugherebbe ogni dubbio.
In questo ginepraio si fanno molti nomi, in entrata e in uscita. Si dice che Angelo Villari e Franco La Torre siano pronti a partecipare al Crocetta 2.0. Tracce, indiscrezioni. L’unico dato evidente è la paralisi istituzionale. Non a caso Salvatore Cardile (Drs) ha evidenziato l’esigenza di far presto. Pena una perdita di credibilità.