Il poker e la Chiesa

StrettoWeb

Uno stagista che desidera conservare l’anonimato, lo scorso decennio, nel corso di alcune ricerche che stava svolgendo negli archivi vaticani, fece una scoperta sensazionale.

Lo studioso trovò numerosi documenti che provavano che il poker, formalmente bandito dalla Chiesa a livello ufficiale (infatti non se ne trova traccia in nessuno scritto pubblico), era in effetti praticato sistematicamente dagli alti ecclesiastici (vescovi e cardinali).

Ed il motivo per cui si svolgevano in certe occasioni degli incontri denominati concili, non era, come vuole la tradizione ecclesiastica ufficiale, quello di discutere di argomenti religiosi, bensì quello, molto più profano, di giocare a poker.

E’ interessante conoscere come nacque il fenomeno.

Agli albori della cristianità, l’imperatore Costantino, convertitosi al Cristianesimo e preoccupato per le dispute che imperversavano ovunque tra i vari prelati, arrecando un gran danno all’immagine della nascente Chiesa ed al fine di trovare una soluzione al riguardo, decise di indire un concilio.

Furono invitati tutti i vescovi del mondo, che erano all’epoca circa 1800.

Ma la maggior parte di essi non ebbe la possibilità di aderire all’invito, tanto che a Nicea, luogo designato per il concilio, ne giunsero solo 318.

Costantino aprì la seduta affermando che, in via pregiudiziale, bisognava stabilire una modalità attraverso cui, da quel momento in avanti, si sarebbe dovuto risolvere ogni disputa nell’ambito della Chiesa.

Dopo giorni e giorni di discussione, alla fine fu presentata da alcuni vescovi germanici una mozione nella quale veniva proposto che le dispute religiose si sarebbero dovute risolvere giocando a poker.

Il punto di vista del vincitore sarebbe stato quello ufficialmente accettato dalla Chiesa.

La proposta trovò un immediato e largo consenso.

Invece un’accesa discussione nacque per stabilire la variante da utilizzare.

Infatti i vescovi italici, i quali pur essendo in minoranza godevano di un certo prestigio, sponsorizzavano la teresina [1], di moda in Italia,  mentre la maggioranza era invece favorevole al texas hold’em, che si giocava un po’ ovunque.

La discussione andò avanti per settimane e non senza litigi.

Ma la svolta si ebbe grazie a Costantino, cui, nel sonno, apparve un angelo che, nel mostrargli una scala all’asso di cuori, disse: “In hoc signo vinces” (in questo segno vincerai).

L’Imperatore, interpretando il sogno come volontà divina, l’indomani prese la parola ed appoggiò la proposta della teresina che, a quel punto, grazie al suo carisma, fu approvata senza indugio dal sinodo.

Il poker, anche se con la variante teresina, ancora una volta, entrava nella storia della Cristianità.

Costantino stabilì pure, in quell’occasione, che il gioco dovesse rimanere confinato nell’ambito ecclesiastico, in quanto la popolazione non era ritenuta matura per la pratica del poker.

Era l’anno 325.

Purtroppo, però, nessuno aveva pensato al problema dei bui [2], nel senso che a nessuno era venuto in mente, per limitare la durata dei tornei, di stabilire per dette puntate obbligatorie un importo sempre crescente con il tempo.

Anzi lo stesso Papa Silvestro, che evidentemente sottovalutò il problema, stabilì che essi avessero un importo fisso ed invariabile per tutta la durata del torneo.

Ciò comportò che il torneo stesso durasse ben due mesi, anche a seguito del fatto che i vari cardinali e vescovi, per il primo mese, giocarono tutti molto chiusi in quanto nessuno voleva uscire per primo.

Il regolamento, per volontà dei vari pontefici che si avvicendarono sul trono di San Pietro, restò invariato per tutti i successivi concili.

Essi duravano sempre di più, giungendo allo strabiliante record di cinque anni del Concilio Lateranense 5°, che durò dal 1512 al 1517.

Tornei minori, denominati Conferenze episcopali, riservati ai vescovi, venivano invece periodicamente disputati a livello nazionale, mentre altri, denominati concistori, che si svolgevano di norma solo a Roma, erano riservati ai cardinali.

Per essi fu giustamente pensato di fare aumentare gli importi delle puntate obbligatorie man mano che passava il tempo, consentendo così lo svolgimento dei tornei entro tempi decisamente accettabili.

Questi tornei incontravano sempre un grande interesse da parte dei partecipanti, poiché i vincitori avrebbero goduto  di grandi privilegi.

Ma il torneo in assoluto più importante era quello organizzato a Roma alla morte di ogni papa ed al quale potevano partecipare solo i cardinali i quali, per l’occasione, arrivavano da tutte le parti del mondo.

Questi tornei erano denominati conclavi.

La modalità di svolgimento di questi tornei fu quella del gioco con la specialità texas hold’em, che a poco a poco, sostituì ogni altra in ogni tipo di competizione in ambito religioso.

Particolare curioso dei conclavi era l’obbligo per i giocatori di non tenere contatti con l’esterno fino alla conclusione dei giochi cui, ovviamente, non erano ammessi spettatori.

Il premio per il vincitore era di gran lunga il più ambito tra tutti quelli che potevano essere concepiti: la nomina alla carica di Papa.

Data la posta, il gioco era molto aggressivo e, per l’occasione, venivano elaborate tecniche di gioco molto raffinate, alle quali i giocatori si allenavano costantemente nel periodo precedente i tornei.

C’è da dire, inoltre, che in quelle competizioni era ampiamente diffuso il fenomeno della collusione tra i gruppi di giocatori che rappresentavano le varie “cordate”.

Altro particolare interessante era la tradizione, mantenuta fino ai nostri giorni, per la quale ogni volta che veniva eliminato un giocatore, il mazzo di carte utilizzato al tavolo cui apparteneva il player out veniva bruciato in un camino, appositamente predisposto.

Così il pubblico, cui non era consentito assistere, poteva prender atto dell’evoluzione del conclave al manifestarsi del fumo, scuro a causa dell’inchiostro utilizzato nella realizzazione delle carte da gioco, che defluiva attraverso la canna fumaria.

Ad ogni modo, si giungeva infine al testa a testa finale e quindi alla definizione del vincitore.

A quel punto, il mazzo di carte non veniva più bruciato, anzi, per tradizione, lo  si donava al dealer.

Nel camino si poneva invece una gran pentola di acqua (santa) che, com’è noto, bollendo produce vapore, di colore bianco.

Era il segno per la popolazione che c’era un nuovo papa.

Quindi il direttore di gioco si affacciava ad un balcone che dava sulla piazza e proclamava il vincitore con la celebre formula: habemus papam.



[1] Teresina: denominazione italiana di una variante di poker

[2] bui: i bui sono delle puntate obbligatorie che i giocatori devono effettuare a turno ed il cui importo, nei tornei, aumenta con il passare del tempo

Saverio Spinelli

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