Milazzo (Me): la storica Battaglia del Nauloco del 36 a.C. ricostruita da SiciliAntica

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10532369_512085428936096_7904482422818912508_nIn occasione del 2050° anniversario della storica Battaglia del Nauloco, combattuta tra Ottaviano (futuro Augusto) e Sesto Pompeo nel 36 a.C., l’associazione SiciliAntica ieri sera ha organizzato una serata dove è stato esposto lo studio del dottor Davide Gori. Geologo e socio di SiciliAntica, Gori, tramite un’analisi geologica-geomorfologica, ha tentato di ricostruire l’esatta posizione del Nauloco o dei Naulochi. L’evento si è svolto nella suggestiva cornice del cortile dell’ICAN “Domenico Ryolo” (ex carcere femminile), già riallestito da tempo da SiciliAntica in spazio museale.

La Battaglia: è qui utile dare alcuni brevi cenni storici sulla battaglia navale del Nauloco. Si combatté, come detto tra Ottaviano e Sesto Pompeo, in un braccio di mare compreso tra Milazzo e Capo Rasocolmo, il 3 settembre del 36 a.C.. Pompeo aveva occupato la costa da Milazzo fino a Capo Peloro ma, temendo l’arrivo di Ottaviano, abbandonò la prima città, ritirandosi nel Nauloco. L’etimologia del nome fa ben capire come questi non fosse una località vera e propria, bensì un rifugio per navi. Concordata la battaglia, le due flotte si scontrarono. Furono impegnate circa 300 trireme romane per parte, ma ebbe la meglio lo schieramento di Ottaviano, guidato dall’Ammiraglio Agrippa, che vinse grazie ad alcune invenzioni all’epoca innovative. In particolar modo va citato l’harpax, una sorta di catapulta che lanciava arpioni contro la nave nemica, che così veniva bloccata e tirata per essere abbordata. Un modellino di una di queste navi è stato realizzato per l’occasione dal signor Vincenzo Pensabene, ed è presente all’interno dell’ICAN.

1622194_512085415602764_1155886955308265315_nLa localizzazione del Nauloco: la battaglia venne combattuta tra Milazzo, base di Ottaviano, e il Nauloco, dove si era rifugiata la flotta di Pompeo. Ma dove si trovava effettivamente questo Nauloco? E cosa era esattamente? Davide Gori, analizzando la particolare geomorfologia del territorio, ha scoperto che la costa, all’epoca, era ben diversa da come la vediamo oggi. Tra Milazzo e Capo Rasocolmo infatti il litorale presentava una serie consecutiva di piccole lagune, protette dal mare da cordoni sabbiosi. All’interno di queste lagune potevano rifugiarsi le navi: erano i Naulochi. In particolare il Nauloco di Sesto Pompeo, secondo le ipotesi di Gori, che si è basato su un precedente studio del professor Claudio Saporetti, presente alla serata, doveva trovarsi all’incirca nella zona di Divieto, a Villafranca Tirrena. A dimostrarlo, tra le altre cose, anche il ritrovamento anni fa dei resti di una nave romana a Capo Rasocolmo.

Il Tempio di Diana: correlato alla Battaglia del Nauloco, e alla localizzazione di quest’ultimo, è anche la ricerca del Tempio di Diana, citato più volte nelle cronache dell’epoca, e conquistato da Ottaviano prima della decisiva battaglia navale. Il Tempio doveva trovarsi in una zona tra Milazzo e Messina. Ed essendo stato dimostrato che vi erano quasi certamente, nei dintorni del torrente Corriolo, delle risorgive di acqua sulfurea, considerate curative, probabilmente il tempio sorgeva, facendo dei parallelismi con analoghi luoghi in Sicilia, nella zona di Santa Venera. Vi sarebbero infatti dei collegamenti tra l’antico culto protostorico di Venere, i templi dedicati ad Artemide/Diana, e le moderne chiese dedicate a Santa Venera.

È chiaro che, per riuscire a trovare qualche traccia del Tempio, e prove dell’esatta localizzazione della battaglia del Nauloco – alcuni studiosi la collocano non nei pressi della costa, ma alle Isole Eolie – e del Nauloco stesso, attorno al quale è nato un acceso dibattito, occorrerebbero dei finanziamenti consistenti. Sulla base navale di Sesto Pompeo probabilmente ormai è tardi. Se effettivamente si trovava nel luogo citato, ormai è sepolta da decine di metri di sedimenti che si sono depositati negli ultimi duemila anni. Per lo scenario della battaglia e il Tempio di Diana invece c’è speranza. Chissà che un domani il nostro territorio non possa tornare protagonista, portando alla luce quelle ricchezze storico-archeologiche del quale abbonda, ma delle quali tanti – troppi – ignorano l’esistenza.

Foto Tanya Pensabene

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