La Calabria secondo l’On. Erica D’Adda, intervista alla parlamentare lombarda

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On. Erica D’AddaLa Calabria vista da un’altra prospettiva, il ruolo delle donne nel Mondo del lavoro e poi ancora le prospettive di sviluppo del Sud. Di questo ma anche di tanto altro abbiamo parlato con la senatrice Erica D’Adda, in visita in Calabria per partecipare ad convegno promosso dalla Cisl nell’Area grecanica della provincia reggina, sul ruolo della donna nel Mondo del lavoro. Abbiamo incontrato l’On.D’Adda nel paese simbolo dell’Area, in una Bova del clima inconsueto per il periodo, attanagliata da un caldo fuori stagione e da uno scirocco che da queste parti sa essere tanto inconsueto quanto impietoso. La foschia e l’afa non riescono a mitigare di molto la bellezza dei panorami che dai circa 900 metri di quota del centro storico si aprono come d’incanto sullo ionio e sull’Aspromonte. Come si interpreta la Calabria da una diversa prospettiva, ma soprattutto come si guarda  questa terra con gli occhi di chi viene da una realtà come la bergamasca, per Lei che è di Treviglio, cuore opulento di una regione agli antipodi non solo per la geografia ? “La Calabria e la vostra provincia in particolare è una terra splendida ed allo stesso tempo  profondamente marginale nell’immaginario collettivo nazionale ed europeo. La prima sensazione giungendo su a Bova, ma visitando l’Area più in generale, è di stupore per le straordinarie bellezze offerte dalla natura, l’interrogativo invece è relativo alle dinamiche che impediscono lo sviluppo. Bisogna innanzitutto interrogarsi su quanto prodotto negli ultimi decenni, sui processi che hanno portato a questo stato di cose e soprattutto su quello che si vuole fare per uscire da una situazione di subalternità culturale ormai inaccettabile. Molti danno la colpa alla crisi, altri la vedono come un semplice pretesto per scrollarsi di dosso responsabilità ultradecennali. “Diciamo che c’è l’una e l’altra cosa. Da un lato c’è chi cerca nella crisi una giustificazione, dall’altra è però innegabile che la crisi influisca sui processi di crescita economica, in modo più pesante in contesti già di per se economicamente deboli e marginali. Le criticità sono davvero tante, dal  piano per l’occupazione, alla produttività, dagli aiuti alle aziende ed alle imprese agricole al comparto della forestazione, dal precariato alla macchina farraginosa della pubblica amministrazione. Come si esce da questo groviglio ? Pensare a politiche del lavoro che sappiano dare risposte serie, sembra quasi scontato. Una considerazione è però obbligatoria. La crisi ci consegna una situazione che ritengo ormai di non ritorno. Con questo non voglio dire che dalla crisi non si uscirà mai più, voglio solo dire che, va presa in considerazione la possibilità ritengo anche abbastanza concreta che gli scenari futuri saranno di certo ridisegnati e con buona pace dei più, probabilmente non si tornerà agli stessi standard di vita a cui eravamo abituati quando spendevamo più di quanto si producesse. Detto questo, mi sembra evidente che il Sud, la Calabria e nel vostro caso la provincia di Reggio Calabria, abbiano una partita importante da giocare, capendo però che l’occupazione, anche ripensata e rivisitata, necessità di produttività. Quali secondo Lei i punti di forza quali quelli di debolezza delle aree più interne ? osservo con grande piacere le straordinarie bellezze offerte da un territorio tanto accidentato quanto suggestivo. La straordinaria vicinanza tra mare e montagna offre possibilità uniche. Le potenzialità di sviluppo, non sto certo a scoprirle io, c’è chi se ne occupa e ritengo lo si faccia ormai da anni. Se poi mi si parla di emergenze e di ritardi, di prospettive quasi sempre disattese, allora mi dico che qualcosa non ha funzionato, ma di certo la marginalità geografica, la carenza di infrastrutture viarie adeguate, scarsa ricettività e scarsa propensione alla cultura del miglioramento dei territori, rappresentano fattori di freno alla crescita. Le analisi dei contesti di riferimento, ci danno un quadro di dettaglio delle emergenze, ma questo credo sia chiaro ormai da tempo. Serve per questo una classe politica attenta che abbia il coraggio di avviare percorsi di cui probabilmente altri vedranno i risultati. Serve insomma uno scatto in avanti, ma prima di tutto culturale.

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