Messina, dalla Corte dei Conti all’anarchia? Il Comune decide di “creare moneta”

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DSC01922Se non fossero tremendamente seri, verrebbe da ridere. Il Comune di Messina si trova sull’orlo del default finanziario: la Corte dei Conti vigila sulla tenuta del nostro bilancio, ponendo veti perfino sulle spese infinitesimali relative ai tradizionali ceri votivi, e le imprese che vantano un credito nei confronti dell’autorità amministrativa rischiano il calvario di un contenzioso di fronte a un commissario straordinario. Eppure, malgrado ciò, il Comune non lesina idee geniali: battere moneta è una di queste.

Il progetto, ideato dall’assessore alla Cultura Tonino Perna, mira a istituire una “banconota complementare” che possa fungere da mezzo di scambio nella comunità locale. Perna non ha dubbi: “Ci hanno preso in giro, ci hanno dato dei falsari, ma in realtà stiamo ripetendo un esperimento che l’Italia ha già vissuto nel tardo Ottocento”. Come se in duecento e rotti anni di unità nazionale, nulla fosse cambiato, nel paese e nel mondo. A chi pone critiche di merito, l’ordinario di Sociologia risponde seccamente: “Esistono seimila monete locali. L’Albania è sopravvissuta alla crisi economica servendosi della propria moneta complementare. La Grecia no, e abbiamo visto com’è andata”. Dunque è ufficiale: Messina non guarda ad Occidente, ma in una logica di decrescita infelice trova il suo modello di sviluppo nei pressi di Tirana. Un buon risultato, non c’è che dire.

pernaStamane il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca ha ospitato il tanto atteso convegno su questa fantomatica “opportunità dietro la crisi”. Ma di opportunità, mi permetto di scrivere, se ne sono intraviste davvero poche: l’idea è di programmare i lavori partendo dalla fase ludica, dalla decisione del nome e dall’aspetto grafico-stilistico della moneta. Solo dopo, in un secondo momento, si affronteranno i cavilli tecnici.

Una moneta per esistere ha bisogno di un circuito di fiducia. La fiducia va costruita. Non è un consenso temporaneo, ma un rapporto di lungo periodo” ha affermato Perna nel corso del suo intervento. Quale fiducia dovrebbe avere un creditore non pagato nei confronti di un’amministrazione che inventa d’emblée banconote, questo Perna non lo spiega. Eppure il problema c’è, se è vero che lo stesso assessore alla Cultura, figura accademica prima che politica, specifica che “le banconote hanno credibilità quando dietro c’è un’Autorità che le emette”.

Ora, posto che nessuna banca accetterà la moneta autoctona, è verosimile pensare che verranno istituiti dei terminal per il cambio. Finché il processo vedrà l’elargizione della moneta locale e l’acquisizione corrispettiva degli euro o dei dollari dei croceristi, per carità, non si porrà nessun ostacolo; ma Palazzo Zanca come intende garantire il circuito inverso, proteggendo il potere d’acquisto dei consumatori dalle spinte inflattive? Inoltre, come garantirà l’investimento in sé, considerata la precarietà finanziaria delle istituzioni pubbliche? Esistono riserve di cui non siamo a conoscenza? Qui il discorso si complica. Lo abbiamo chiesto agli intervenuti: il membro della Giunta ha fatto riferimento a un “accordo con più associazioni che assumeranno gli oneri del caso, sulla base di un’adesione volontaria”; il professor Nino Galloni – moderatore del dibattito – ha ventilato l’ipotesi di “eliminare la convertibilità o studiare l’idea di un bilancio parallelo”. Insomma: in tempi in cui l’euro non gode di grande popolarità, Messina, su scala anarchica, studia le alternative possibili. Chissà cosa ne pensa la Corte dei Conti…

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