In Italia in calo separazioni e divorzi

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images Divorzi e separazioni in calo. Ad evidenziare la battuta di arresto dell’instabilità coniugale, è l’Istat secondo la quale nel 2012 le separazioni sono state 88.288 e i divorzi 51.319, entrambi in calo rispetto all’anno precedente (rispettivamente -0,6% e -4,6%). In media, sempre nel 2012, per ogni 1.000 matrimoni si contano 311 separazioni e 174 divorzi.

In media ci si separa dopo 16 anni di matrimonio – La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 16 anni per le separazioni e a 19 anni per i divorzi. I matrimoni più recenti durano di meno. Confrontando i matrimoni celebrati nel 1985 con quelli del 2005, le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione sono raddoppiate, passando dal 4,5% al 9,3%.

Le nozze religiose risultano essere più stabili – “A sopravvivere alla ‘crisi del settimo anno’, nel 2012 -viene rilevato- sono 933 matrimoni religiosi su 1.000 celebrati nel 2005 contro 880 su 1.000 matrimoni della stessa coorte celebrati con rito civile’’.

La crisi coniugale colpisce principalmente i quarantenni – L’età media alla separazione è di circa 47 anni per i mariti e di 44 per le mogli. In caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 49 e 46 anni. “Questi valori -rileva l’Istat- sono aumentati negli anni per effetto della posticipazione delle nozze in età più mature e per la crescita delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne. La tipologia di procedimento scelta in prevalenza dai coniugi è quella consensuale: nel 2012 si sono concluse in questo modo l’85,4% delle separazioni e il 77,4% dei divorzi.

Coinvolte coppie con figli – Il 73,3% delle separazioni e il 66,2% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. L’89,9% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso, “modalità ampiamente prevalente dopo l’introduzione della Legge 54/2006’’, aggiunge l’Istat. Nel 20,3% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98,4% dei casi corrisposto dal marito). “Tale quota è più alta al Sud e nelle Isole (rispettivamente 25% e 24%). Nel 58,2% delle separazioni la casa è assegnata alla moglie, nel 20,4% al marito mentre nel 18,4% dei casi si prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale’’.

Divorzio peggiora le finanze – Al fine di capire come cambi la situazione dopo una separazione, Immobiliare.it ha recentemente commissionato all’Istituto di ricerca Demoskopea un’indagine ad hoc. “La fotografia scattata dall’Istat – commenta Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it – segue la trasformazione che la società ha avuto negli ultimi decenni. La fine di un matrimonio è uno degli eventi psicologicamente più provanti e spesso ha ripercussioni anche sulla vita economica degli ex-coniugi. Per oltre quattro separati su dieci la condizione finanziaria è nettamente peggiorata dopo la fine del matrimonio, tanto che tra coloro che hanno visto finire la loro unione da meno di dodici mesi, quasi sei su dieci dichiarano di abitare ancora sotto il tetto coniugale, anche assieme all’ex partner, e oltre uno su dieci è tornato a vivere con i genitori. Un fenomeno, quest’ultimo, che coinvolge in Italia a livello generale circa 167mila persone”.

“Alla fine di un matrimonio sono spesso legate anche questioni economiche da gestire, come la difficoltà di riuscire ad accedere a un mutuo, una concessione che circa quattro su dieci di coloro che hanno provato a chiedere un nuovo finanziamento si è vista negare, ma anche quella di riuscire a pagare le rate del mutuo già in atto, dato che ben 227mila italiani continuano a pagarlo nonostante non vivano più nella casa coniugale, aggiunge Giordano.

Secondo quanto emerso dall’indagine condotta da Demoskopea per Immobiliare.it, queste problematiche coinvolgono maggiormente due categorie: gli under 35 e chi si è separato da meno di un anno. Fra i primi il 45% paga ancora le rate del mutuo; il 43% si è visto negare un nuovo finanziamento dalle banche. Situazione ancora peggiore per i secondi: più della metà di chi ha fatto richiesta per un mutuo se l’è visto negare (52%) e il 55% continua a pagare il mutuo per l’acquisto della casa coniugale, anche se, probabilmente, non ci vive più.

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