Il dottor Giovanni De Marco, registrate le istanze dei legali del deputato Pd ed ascoltato il parere della procura competente, ha impiegato ogni giorno a sua disposizione prima di maturare una decisione. Lo ha fatto con ragionevole onestà intellettuale, sotto la pressione dell’opinione pubblica, districandosi a fatica dagli opposti moniti dei giornalisti. L’ex sindaco di Messina non è stato assolto in toto o prosciolto dalle accuse, non è asceso al cielo con lo sguardo rivolto a Gerusalemme: semplicemente può uscire dal penitenziario di Gazzi, facendo valere – a buon diritto – la sua condizione di presunto innocente. Perché un indagato non è un condannato, anche se questo appunto spesso sfugge ai tribuni.
In un paese garantista, le misure di custodia cautelare – in particolare la carcerazione preventiva – dovrebbero rappresentare l’eccezione, non la regola. Nel caso Genovese non è stato registrato il rischio di inquinamento delle prove (un rischio che deve essere concreto e non ipotetico ai sensi dell’art. 274 c. 1 c.p.p.), né il pericolo di fuga, né – infine – il rischio di reiterazione del reato. Dunque Genovese abbandona la sua cella per difendersi nel processo e non dal processo. Augurandoci che il Tribunale competente sia celere nell’accertare i fatti, speriamo di vivo cuore che la contesa non diventi l’ennesima occasione di una faida civile fra tifoserie. A Messina come a Roma.