Oggi le agenzie di stampa battono una notizia interessante che deve far riflettere sulla lentezza con la quale la nostra Regione si adegua alle “novità” del Ministero della Giustizia.
È stato applicato, a Vibo Valentia, il primo braccialetto elettronico per il controllo a distanza dei movimenti dei detenuti sottoposti agli arresti domiciliari. Il pioniere calabrese è Antonio Cuturello, detenuto che potrà scontare, braccialetto alla caviglia, la pena nella propria casa.
L’utilizzo di questa tecnologia di controllo a distanza è stata introdotta dal legislatore italiano in occasione di uno dei tanti provvedimenti “svuota carceri” promossi dal ministero di grazia e giustizia. Il provvedimento che ha modificato l’art. 275 bis del CDP, risale all’ormai lontano 2001 e prevedeva come città pilota: Roma, Milano, Napoli, Torino e Catania.
Nel corso degli anni l’applicazione del braccialetto è diventata una prassi, per moltissime regioni italiane, nella concessione degli arresti domiciliari, dei permessi premio e dello svolgimento di attività lavorativa controllata.
La Calabria, che conta un numero notevole di detenuti nelle proprie carceri, arriva al suo impiego con ben 13 anni di ritardo.
È sempre un piacere ascoltare le proposte del giudice Gratteri, ma di questo passo arriveremo ad usare il tablet nelle carceri, quando ormai gli uomini avranno imparato a comunicare tra loro con la forza del pensiero.
Altro che tablet nelle carceri, in Calabria il primo braccialetto elettronico arriva dopo 13 anni
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