Saline Joniche (RC), il Comitato per la centrale a carbone rilancia il servizio di “Striscia la notizia”

StrettoWeb

Di seguito la nota diffusa dal Comitato del Si alla Centrale di Saline Joniche:

Il servizio mandato in onda ieri sera da “Striscia la notizia” sull’ex Liquichimica di Saline Joniche va al di là della storica denuncia  di uno degli insediamenti industriali che non hanno prodotto né sviluppo né occupazione nel nostro territorio.

La trasmissione condotta da Greggio e Iacchetti, oltre allo scandalo, ha evidenziato che  quell’insediamento mai entrato in esercizio, per il quale  lo Stato ha speso e sprecato mille miliardi delle vecchie lire e la venticinquennale garanzia degli ammortizzatori sociali per centinaia di lavoratori mai utilizzati, potrebbe essere la causa di tante neoplasie e tanti tumori che continuano  a registrarsi in questo tratto di territorio della provincia reggina.

L’ex Liquichimica è un ammasso di ferraglia in cui si nasconde il killer dell’amianto che nessuno, tantomeno lo Stato centrale o la Regione Calabria,  ha mai ipotizzato di eliminare, come mai nessuno ha pensato di effettuare uno screening e un monitoraggio serio sugli effetti prodotti da quella struttura sull’ambiente e sull’uomo.

L’aumento impressionante delle malattie nel Basso Ionio Reggino sembra quasi passare inosservato.

La presenza di questo mostro, nonostante l’iniziativa di “Striscia la notizia”, non indigna più nessuno, mentre le  istituzioni territoriali (dalla Regione ai Comuni), l’associazionismo ambientalista e non, rappresentanti di gruppi  portatori di interessi disparati sono impegnati in una crociata contro la decisione governativa  di consentire  che, sull’area dell’ex Liquichimica, venga realizzata una centrale per la produzione di energia elettrica da carbone.

Il fonte del no a tutti i costi continua  a impedire la modernizzazione di un territorio  dalle grandi potenzialità, ma  povero  di infrastrutture. In questo, gode dell’appoggio di una classe dirigente regionale  per la quale  anche piccoli segmenti di consenso  hanno la priorità  rispetto all’occupazione e allo sviluppo.

I guardiani della conservazione restano ostaggio della contraddizione che domina la nostra terra: dimostrano tutta la loro ostilità nei confronti degli altrui progetti, proponendo alternative generiche e prive  di una qualsivoglia seria analisi del contesto territoriale.

Dicono no al Progetto SEI ma cosa ci propongono in cambio? Promesse di villaggi turistici sotto ombrelloni di eternit, facendo un tuffo in acque putride?

Il progetto della Centrale, che non può non tenere conto della sicurezza ambientale e della salute dei cittadini, è un valore aggiunto per  un comprensorio  degradato a causa dell’incuria dell’uomo, desertificato  dopo il fallimento degli insediamenti produttivi (dalla Liquichimica alle Officine Grandi Riparazioni FS), povero  dal punto di vista economico, soggiogato  dalla criminalità e dal tessuto sociale sfilacciato.

L’insediamento energetico, la cui fattibilità il prossimo 27 febbraio  sarà  al vaglio del Tar del Lazio,  salverebbe l’intera area dal sottosviluppo, proponendosi come catalizzatore d’imprese artigiane grazie all’indotto, aumentando i livelli produttivi e, al tempo stesso, procedendo al disinnesco della bomba ecologica lasciata in eredità dal capitalismo industriale di Stato che nel Mezzogiorno non è andato oltre l’assistenzialismo e le ruberie.

Solo la bonifica e le opere compensative del Progetto SEI potranno salvare dalle malattie i cittadini di Montebello, Saline e tutta la fascia che va da Reggio Calabria a Palizzi.

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