Interdittive antimafia, Ance Reggio: «Strumento sempre più inefficace»

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imagesL’una dopo l’altra, sono ormai molte le informative interdittive emanate nei confronti di imprese reggine che non hanno retto al primo vaglio del Tribunale amministrativo regionale. Anche nell’ultima settimana, diversi provvedimenti sono stati oggetto di sospensiva dei giudici del TAR. Statisticamente, la percentuale degli atti impugnati e “demoliti” in sede giurisdizionale continua dunque a crescere.
Tutto questo riaccende, ancora una volta, i riflettori sulla questione della validità di uno strumento amministrativo ormai obsoleto, che pur a fronte del buon senso e della scrupolosa attenzione dimostrata dalle Prefetture, sta arrecando danni gravissimi all’economia.
«Emerge sempre più spesso – sostiene Ance Reggio Calabria – in maniera tangibile tutta la contraddittorietà e l’inefficacia dell’interdittiva antimafia, su cui riteniamo si debba aprire un confronto che porti in tempi brevi a dei sostanziali correttivi. Questa delicata normativa, infatti, pur volendo agire nella direzione che noi tutti auspichiamo, cioè il rafforzamento di quel fronte a sostegno della legalità che deve vedere protagonista prima di tutti il tessuto produttivo, finisce col produrre spesso risultati opposti. L’eccessiva discrezionalità concessa dalla legge e l’assenza di criteri di valutazione oggettivi,– evidenzino i costruttori edili – mettono le aziende, in tante circostanze, con le spalle al muro. Sono rilevantissimi i danni, di natura economica e d’immagine, subiti da una ditta colpita da un provvedimento a carattere interdittivo. Una normativa che non concede nessuna possibilità di difesa prima dell’emissione del provvedimento che, peraltro, avviene senza contraddittorio e senza nessuna preventiva verifica da parte di altra autorità. A ciò vanno aggiunti i tempi necessari, almeno tre mesi, per ottenere un provvedimento cautelare e sei mesi o molti di più per una sentenza di primo grado. E’ evidente che il sistema deve essere rivisto. D’altra parte – osserva l’ANCE – quella che era nata come una soluzione di carattere eccezionale, proprio in ragione dei gravi effetti che è in grado di produrre, sembra essersi trasformata ormai in un intervento di uso comune. Non è possibile mettere a rischio un’impresa, con tutto ciò che ne deriva specie sotto il profilo economico e occupazionale, solo sulla base di informazioni sospette, a volte fornite da una sola forza di polizia, che interessano magari, semplicemente, un suo fornitore. Questo è ciò che sta accadendo oggi, con il rischio di paralizzare l’intero settore delle opere pubbliche in un momento difficilissimo per l’economia del nostro territorio. Auspichiamo – conclude Ance – che su questo tema venga fatta chiarezza sulla scorta delle precise e opportune indicazioni, fornite da Confindustria Reggio Calabria nel dossier presentato alla commissione parlamentare Antimafia, che vuole anche sollecitare le forze politiche ad un’attenta rilettura e conseguente miglioramento della norma in questione.
Un documento in cui, accanto alla proposta di istituire delle white list obbligatorie per gli appalti pubblici, emerge in modo lampante il quadro di una situazione in cui circa la metà delle oltre 170 sentenze dei giudici amministrativi sulle interdittive antimafia sono favorevoli ai ricorrenti».

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