Secondo l’agghiacciante racconto di uno degli eritrei sopravissuti, prima di partire dalla Libia il gruppo di 500 profughi è stato tenuto segregato per oltre un mese, sotto la minaccia delle armi, in un casolare in Libia. “Siamo stati torturati e maltrattati per giorni dopo essere stati sequestrati al confine tra il Sudan e la Libia da un gruppo di somali a bordo di pick up sotto le minacce delle mitragliatrici. Arrivati in una specie di campo, alcuni di noi sono stati picchiati con manganelli e sono stati sottoposti a scariche elettriche”.
Circa venti ragazze sono state stuprate: diciannove di loro sono morte nel naufragio e solo una è sopravvissuta. “Le donne – è stato riferito – venivano stuprate dai somali, tra cui l’arrestato che era il carceriere del campo libico, e poi ‘offerte in dono’ ai miliziani libici”.
Nel corso delle indagini è stato fermato anche un palestinese, nei cui confronti sono emersi elementi circa la sua partecipazione all’organizzazione di un altro recente sbarco di immigrati, siriani, a Lampedusa.
Secondo quanto riferito dal Procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia, i 14 eritrei che hanno riconosciuto i due arrestati al loro arrivo al cebtro d’accoglienza sono stati interrogati tutti alla presenza di un legale perché tutti indagati per immigrazione clandestina.