Reggio, esposto di Chizzoniti sulla vicenda del Ministro Cancellieri

StrettoWeb

Sulla vicenda del ministro Cancellieri di cui si occupa la stampa, interviene il consigliere regionale (presidente della commissione di Vigilanza) Aurelio Chizzoniti con un esposto il cui testo si riporta integralmente:

ILL.MO SIG. PROCURATORE CAPO DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

ILL.MO. SIG. PROCURATORE GENERALE
PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA

ILL.MO SIG. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PALAZZO DEL QUIRINALE
ROMA

ON.LE MICHELE VIETTI
V. PRESIDENTE DEL CSM
PALAZZO DEI MARESCIALLI
ROMA

ILL.MO SIG. PROCURATORE GENERALE
PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
ROMA

ON.LI PRESIDENTI DEI GRUPPI PARLAMENTARI
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ROMA

ISTANZA EX ART. 326 C.P.P. IN RELAZIONE AL MODELLO TECNICO DI CUI ALL’ART. 323 C.P. OVVERO DI QUALSIASI ALTRA IPOTESI PENALMENTE RILEVANTE NELLA SPECIE RAVVISABILE

Il sottoscritto Aurelio Chizzoniti, nato a Condofuri di Reggio Calabria il 14/08/1945, ivi domiciliato in Via San Francesco da Paola n. 20, di professione avvocato, n.q. di Consigliere della Regione Calabria e di cittadino attonito e sconcertato,

PREMESSO

che, la stampa nazionale da più giorni riferisce di una conversazione telefonica intercettata fra la Dott.ssa Anna Maria Cancellieri – Prefetto della Repubblica e Ministro della Giustizia in carica – con esponenti della famiglia Ligresti in ordine allo status detentivo della Sig.ra Giulia Ligresti che “in cella non mangiava più”, assicurando, l’esponente governativo con delega alla Giustizia, la Sig.ra Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, che “qualsiasi cosa io possa fare conta su di me”;
che, ex post, a seguito di richiesta, si ritiene ex art. 299 c.p.p., articolata dalla Procura della Repubblica di Torino, rara avis nel panorama processuale della Repubblica, l’indagata viene restituita in libertà nel cui contesto sicuramente appare meritevole di verifica la sussistenza o meno di qualsivoglia, eventuale, nesso di causalità fra l’innegabile, “apertis verbis” dichiarata disponibilità operativa e l’intervenuta escarcerazione;
che, sicuramente, la sensibilità del Ministro Cancellieri sarebbe stata oltre modo lodevole ed apprezzabile ove fosse stata estesa anche alle condizioni di salute di una moltitudine di detenuti afflitti da patologie ben più gravi rispetto a quella connessa al “denutrimento” volontario della Sig.ra Ligresti che restano puntualmente in carcere;
che, mentre per la nota imprenditrice si sono spalancate le porte delle carceri di Vercelli (in uscita), per un detenuto plebeo, con l’aggravante della calabresità, Antonino Vadalà, qualche giorno addietro la Giustizia italiana ha scardinato le porte dell’al di là costringendolo a morire in carcere perché i familiari evidentemente non potevano interloquire con il Ministro Cancellieri al contrario della famiglia Ligresti. Tant’è che le numerose, accorate e documentate istanze del difensore Avv. Francesco Floccari sono state puntualmente vanificate, per cui, a fronte di talune indulgenti decisioni, non solo la Giustizia ma anche la morte non è uguale per tutti;
che, appare, quanto meno grottesco, ottenere l’escarcerazione attraverso il volontario rifiuto del cibo (vitiantur ne vitiant) ragion per cui se tale corrente di pensiero dovesse espandersi ben può preconizzarsi una popolazione carceraria totalmente anoressica con conseguente recupero al verde pubblico di tutte le strutture detentive;
che, in quest’ottica, colpisce l’immagine fredda di chi con buona dose di snobbismo si improvvisa spericolato difensore d’ufficio avventurandosi sul terreno irto e sconnesso dell’accettazione fideistica ed acritica di una escarcerazione la cui consecutio temporum scandisce un’anedottica che sicuramente postula un adeguato approfondimento investigativo;
che, il Sig. Procuratore adito, quando coordinava la Procura di Reggio Calabria, dopo la captazione di un colloquio carcerario fra l’ex Consigliere Regionale Santi Zappalà ed un congiunto dello stesso, dal quale si evinceva astrattamente il coinvolgimento, volto ad agevolarne l’escarcerazione, di un generico Presidente, non esitò ad interrogare, sul punto, un Signor Magistrato, già Presidente di Sezione presso la Suprema Corte Civile, che risponde al nome dell’integerrimo Dott. Franco Pontorieri;
che, lo stesso modus operandi venne riproposto quando a seguito di una semplice ipotesi articolata da un delinquente (Nino Lo Giudice), allora aspirante collaboratore di giustizia, per l’occasione travestito da boss mafioso, secondo il quale il Procuratore Aggiunto presso la DNA, Dott. Alberto Cisterna, si sarebbe speso per vil denaro facilitando l’escarcerazione di un parente dello stesso, condannandolo al calvario delle sabbie mobili del subdolo, infido e strumentale sospetto al punto che oggi è ibernato presso il Tribunale di Tivoli;
che, in passato, (anni ’60) un giovanissimo sottosegretario al Ministero della Giustizia, Riccardo Misasi (ahi lui, anch’egli calabrese) venne additato al pubblico ludibrio perché avrebbe perorato il trasferimento di un detenuto (ammalato) da un carcere ad altro;
che, in uno stato di diritto, anche sul versante etico, non possono e non si devono offrire esempi quali quello prodotto dal Ministro Cancellieri che ha sostanzialmente esercitato le funzioni di difensore aggiunto della Sig.ra Ligresti;
che, l’oscura vicenda dovrà essere accuratamente esplorata, quanto meno, per illuminare i corridoi politico-giudiziari nella cui penombra si muovono spettri vaganti ed eleganti maggiordomi di gattopardesca memoria;
che, sarebbe opportuno chiarire, altresì, le ragioni per le quali le condizioni di salute della Sig.ra Ligresti siano state ritenute incompatibili anche con gli iperattrezzati centri clinici carcerari, ove, in atto sono ospitati detenuti in condizioni di salute ben più gravi rispetto a quella che ha determinato la sostituzione della misura di cui all’art. 285 c.p.p. con quella ex art. 284 c.p.p., bypassando anche l’alternativa della detenzione autogestita in ospedale;
che, il caso de quo, dai contorni pirandelliani, si allontana dal buon senso e si avvicina al parossismo, per cui un briciolo di realismo dovrebbe indurre a considerare oggettivamente la sostanza del problema (che ha fatto trasalire e sobbalzare milioni di italiani onesti) la cui fonte genetica ben potrebbe identificarsi in quella che appare sempre di più in una benevola decisione ad personam, la cui chiave di lettura potrebbe rinvenirsi nel contesto della raffinata teoria dell’eterogenesi dei fini cara al filosofo-psicologo Wilhelm Wundt;
tanto premesso e ritenuto, anche per restituire credibilità alla Giustizia che, secondo il comune sentire, spesso si comporta come la tela dei ragni “irretit muscas, transmittit aranea vespas” (cattura le mosche e lascia scappare le vespe!),

CHIEDE

che l’Ill.mo Sig. Procuratore adito voglia disporre le necessarie indagini per le fisiologiche determinazioni connesse all’esercizio dell’azione penale in armonia con la solenne previsione di cui all’art. 326 c.p.p., accertando rigorosamente anche la potenziale integrazione del paradigma di cui all’art. 323 c.p., ovvero di ogni altra ipotesi emergente,

INVOCANDO

all’esito, la punizione dei colpevoli atteso che le carceri non possono considerarsi un’invenzione soltanto per extracomunitari, zingari ed, occorrendo, per cittadini della Repubblica di estrazione meridionale, delinquenti per fama geografica, eccezion fatta per la famiglia Ligresti;

CHIEDENDO

A) in via istruttoria:
1- l’acquisizione delle conversazioni telefoniche, sms, e-mail de quibus agitur;
2- l’assunzione di informazioni afferenti circostanze utili ai fini delle richieste indagini dal Ministro Cancellieri, Procuratore che ha vergato l’istanza ex art. 299 c.p.p., GIP che l’ha accolta, Antonino Ligresti, Gabriella Fragni, C.T.U., i quali potrebbero contribuire al perseguimento delle finalità di cui agli artt. 362 e 377 c.p.p.);
B) occorrendo, attivare l’istituto della traslatio iudicii, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano – competente ex art. 11 c.p.p. – ove dovessero affiorare responsabilità, ex art. 110 c.p., fra il Ministro ed i Magistrati in servizio presso il Distretto della Corte di Appello di Torino funzionalmente nella specie coinvolti;
C) di essere informato ove dovessero intervenire richieste ex artt. 406 e 408 c.p.p. .

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