Reggio, Delfino (PD) sulla questione “Parco caserta”

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parcocasertaDi seguito la nota diffusa da Demetrio Delfino, ex consigliere comunale di Reggio Calabria del Partito Democratico: E’ di queste ore la notizia del rigetto, da parte del TAR, della richiesta di sospensiva presentata dalla società Paideia e riguardante l’istanza di riesame del 26 agosto scorso che, nei fatti, aveva impedito la riapertura della struttura del “Parco caserta”.

Gravi le motivazioni del Tribunale Amministrativo che parla di “possibilità di infiltrazioni mafiose” e che, in sostanza, giudica tardive le azioni poste in essere dalla società atte ad estromettere i soci coinvolti nelle inchieste Archi-Astrea. Sarà facoltà e interesse del legale rappresentante della Paidea di chiarire tutta la vicenda davanti al Prefetto. Il commissariato Comune di Reggio Calabria si troverà, dunque, nuovamente in mano la questione; è comunale, infatti, l’imponente struttura sportiva, a suo tempo data in gestione alla Paideia.

Ed è proprio ai commissari che si rivolge il mio appello: loro sono qui per “ripristinare la legalità”, per “bonificare” una terra martoriata e spesso ripiegata su se stessa e sui propri “endemici mali”. Non perdano, dunque l’occasione: prendano subito una decisione, per il bene della città, degli atleti, ma anche dei semplici utenti della struttura,nonché dei lavoratori. Tenere chiusa una struttura unica per posizione, spazi esterni e modernità degli impianti significa condannarla, in breve tempo, all’obsolescenza e all’abbandono.

Vivo è ancora, in ognuno di noi, l’amaro destino a cui è stata condannata la struttura che ospita la piscina comunale adiacente lo Stadio O. Granillo. Anche quella abbandonata a se stessa, senza l’ordinaria manutenzione e ormai chiusa perché, nei fatti, inagibile. Allora la chiusura di quell’impianto ha segnato la “morte” della squadra di pallanuoto maschile e femminile; fino all’ultimo quegli atleti hanno continuato i loro allenamenti, in condizioni igienico-sanitarie quanto meno discutibili, questo sino allo stop finale. Gli anni di abbandono, senza la più elementare manutenzione avevano avuto la meglio. Da quel momento nessuno ha più avuto interesse a rimettere in piedi una squadra che, invece, tante soddisfazioni aveva dato alla città e a che aveva fatto crescere con “valori veri” più di una generazione. Un ragazzo impegnato nello sport è, infatti, per definizione stessa, lontano da droghe e “stravizi” di ogni genere; nessun progetto o “lezione a tavolino” può avere un effetto più dirompente dello sport nella vita di un bambino e di un adolescente.

Allora molti istruttori di quella struttura che, con sacrificio, passione e professionalità e molto spesso con scarsi riconoscimenti economici, avevano gestito corsi nuoto, acqua fitness, nuoto riabilitativo, acquaticità neonatale, nuoto gestanti,ecc., avevano trovato “collocazione” al Parco Caserta.

Oggi la situazione è molto più grave: che fine faranno gli istruttori, le segretarie, i collaboratori, gli addetti alle pulizie? Tutti questi lavoratori rischiano di pagare per colpe, vere o da accertare, che sicuramente non gli appartengono. Insieme a loro pagheranno gli atleti dell’agonistica che vedranno andare in fumo anni di sacrifici e di speranze, pagheranno i bambini della scuola nuoto, quelli che facevano danza, quelli del karate e ogni altra disciplina sportiva che la struttura ospitava. Pagheranno i disabili che, nella struttura, da anni praticavano nuoto e, supportati da amorevoli assistenti, partecipavano anche a numerose gare, pagheranno gli utenti ma anche coloro che, negli spazi esterni della struttura amavano passeggiare e godere di un po’ di verde, così carente nella nostra città.

Non perdano, dunque, i commissari l’occasione per “ripristinare” veramente la legalità in città, si facciano carico delle esigenze dei cittadini e dei lavoratori e dispongano l’immediata riapertura dell’impianto. Potrebbero decidere per una gestione diretta, in tal senso non si guardino solo i soldi necessari per iniziare le attività ma anche gli introiti derivanti dalla gestione stessa. Oppure si decida per una gestione alternativa, ma si faccia in fretta nell’interesse di un’intera città.

Solo così si instaureranno veramente circuiti virtuosi che impediranno il perpetuarsi di una mentalità molto presente, e purtroppo a volte avvalorata dai fatti, alle nostre latitudini, secondo la quale la “cosa pubblica” può essere gestita solo attraverso discutibili appoggi e interessi trasversali.

Adesso che “la palla” è passata a loro, facciano i commissari il possibile affinché non passi mai più la logica del “si stava meglio quando si stava peggio”, diano loro per primi l’esempio secondo cui l’alternativa a una “cattiva gestione” può essere soltanto la buona gestione, mai l’incuria e l’abbandono.

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