Reggina, un lettore ci scrive: “il reggino vuole essere parlato, le scuse ormai non bastano più”

StrettoWeb

Di seguito pubblichiamo integralmente la lettera inviataci da un nostro lettore:
“Il reggino vuole essere parlato”, questo antico modo di dire racchiude, perfettamente, in sé quale sia l’indole di questa città. E’ mia prassi, in conseguenza dagli insegnamenti ricevuti, di leggere con attenzione tutto ciò che attira la mia curiosità, e fra gli argomenti “curiosi” non può non annoverarsi, per un vero reggino, tutto ciò che comporta la Reggina, intesa come squadra di calcio. Mi piace leggere, confrontare, osservare ciò che le varie testate giornalistiche cartacee e del web scrivono sull’argomento Reggina. Mi piace e mi diverte quando, i giornalisti riportano e analizzano ciò che gli viene proposto dai dirigenti calcistici, con quale enfasi riescano a rendere fruibile al lettore il dire, che il più delle volte, è realmente una rappresentazione di una veritiera iperbole. Uscendo dal trascendente, esprimo subito un concetto controcorrente, la Reggina non è dei reggini, non è un bene della città, e quindi è un non senso dire che i presidenti, i giocatori e gli allenatori passano e che la Reggina rimane. Nella Reggina in questi ultimi 27 anni il signor Pasquale Foti è il trait d’union e sembrerebbe che possegga fra il 70 e 80% delle azioni, per cui è di sua proprietà, e sempre, a detta sua, non c’è all’orizzonte alcun imprenditore pronto all’acquisizione di azioni delle Reggina Calcio 1986 o quanto meno che abbia intenzione di acquisire azioni di questa s.p.a.. Ergo, se la Reggina Calcio 1986, malauguratamente dovesse subire un tracollo economico-sportivo, scomparirebbe e, secondo le vigenti norme, nessuna Amministrazione Pubblica può più fare ciò che accadde proprio nel 1985-86, cioè mantenere il titolo e dare la squadra a nuovi imprenditori, se nessuno acquista la Reggina, essa cessa di vivere. Tale premessa è d’obbligo perché racchiude in se la storia della Reggina Calcio 1986, nata dalle ceneri dell’AS Reggina 1914 e della quale, indebitamente quest’anno si dice sia il centenario. Appare bizzarro come, nell’arco di pochi anni siamo riusciti a festeggiare dapprima i 25 anni della Reggina Calcio e poi il centenario della stessa, una fantasiosa ricostruzione storica di due entità distinte e separate. Andando a ritroso e a memoria negli ultimi 8 anni, cioè dalla stagione della penalizzazione -15 poi -11, inclusa, a questa, la Reggina solamente per due annate sportive, cioè l’anno di Atzori e il successivo con il duo Breda-Gregucci, non è stata invischiata nella lotta per retrocedere, sia serie A che serie B, cioè si è vissuti sempre nella parte destra della classifica. Quest’anno, come per ormai consolidata tradizione siamo pienamente, e a titolo, pretendenti diretti alla lotta per non retrocedere. A poco valgono le parole, ancor meno gli slogan, dalla “stellina” a “jamu”, da “sono venuto per vincere” a “voglio vincere”, “i paroli si porta u ventu”. L’anno in corso è per la Reggina un anno pericoloso, mai come quest’anno i nodi stanno venendo al pettine, mai come quest’anno, il risultato sportivo è tanto importante, da mettere in serio dubbio il futuro societario. Passate le stagioni della regressione post anno del duo o trio Novellino-Martino, si perché anche quell’anno Foti era il Presidente, cioè colui al quale compete la firma di contratti di calciatori, quello che ha in mano la volontà di acquisire una prestazione d’opera; la proprietà si è affacciata alla nuova annata con l’intento di provare e fare ciò che per tanti anni non è riuscito a fare, riportare i tifosi reggini al Granillo e passare alla parte sinistra della classifica. Il duo Giacchetta-Foti, novelli Caronte, vogliono o meglio volevano, fare di questa stagione, la stagione del rilancio. Hanno fatto le cose in grande, si sono mossi sul mercato con tempestività, hanno acquisito atleti che, evidentemente, a loro parere avrebbero dovuto dare quella solidità che serve per fare una squadra. Il rimbalzo delle responsabilità è paradossale, se un DS non si assume le responsabilità delle scelte operate le possibilità sono due: o non le ha operate lui, o se le ha fatte lui, ha sbagliato clamorosamente le valutazioni. Di contro se la proprietà si assume le responsabilità dell’operato sportivo, allora sarebbe opportuno spiegasse a cosa serve la figura del Ds, posto che fa tutto da solo. Non serve a nulla analizzare le capacità degli atleti, il loro valore lo esprime la classifica. Appare surreale, invece, che una squadra costruita per essere nella parte sinistra della classifica possa essere stata fatta con tali e tanti errori di valutazione da mettere in discussioni le capacità di valutazione dei vari scout e degli scouting e di chi li coordina, sempre che esista una tal figura nello staff societario. I dati di fatto ci dicono che la difesa non è affatto un punto di forza, il centrocampo appare realmente slegato, povero di corsa, di idee, di aggressività e l’attacco vive su spunti estemporanei di situazioni momentanee. Per quanto si possa pensare di addossare colpe agli allenatori, per quanto si possa pensare di cambiare mister, vale sempre più il detto che “u furnaru faci u pani ca farina chi avi”, questi atleti questo pane possono fare, questa società tale prodotto può vendere. Siccome come premesso il reggino vuole essere parlato, non basta più chiedere scusa per ciò che è stato fatto o per gli errori commessi, se uno è francamente incapace e se ha dignità, deve mettersi da parte, se invece, presuntuosamente crede, di poter continuare ad libitum a sbagliare, allora ci faccia il piacere di non “inchirci i piddu”.

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