Messina, tutti i dettagli sull’operazione che ha sgominato il covo dei latitanti Mignacca a Lentini (Sr)

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E’ iniziata circa un’ora fa, presso il Comando Provinciale Carabinieri di Messina, la conferenza stampa sull’operazione di polizia che ieri a Lentini, in provincia di Siracusa, ha portato alla scoperta del covo dei latitanti Calogero e Vincenzino Mignacca, rispettivamente di 41 e 45 anni, boss del clan mafioso di Tortorici, un paese del messinese sui Monti Nebrodi. Vincenzino, alla vista dei militari coperti dagli scudi protettivi, si e’ suicidato con un colpo di pistola alla tempia. Di seguito i dettagli dell’operazione emersi durante la conferenza stampa di oggi, presenziata dal Dottor Angelo Cavallo, Dottor Vito Di Giorgio, sostituti procuratori della Repubblica della DDA di Messina;  dal Capitano Ivan Boracchia, del Nucleo Investigativo di Messina; dal maggiore Nicola Roberto Lerario, del Reparto Operativo dei Carabinieri di Messina; dal Col. Alessandro Casarsa, comandante provinciale dei Carabinieri di Catania; dal maggiore Carlo Romano, Capo sezione Biologia dei Ris di Messina, dal Tenente colonnello Michele Piras, comandante del reparto operativo dei carabinieri di Messina e dal colonnello Stefano Spagnol.

Nel corso del sopralluogo effettuato con personale del RIS di Messina e della perquisizione dell’edificio, operata dai Carabinieri dei Reparti Operativi di Messina e Catania, venivano rinvenuti un giubbetto antiproiettile e le sottonotate ulteriori armi e relative munizioni:

–        pistola Beretta calibro 9×21 con matricola abrasa;

–        pistola Browning cal. 6.35;

–        fucile a pompa cal. 12 ;

–        due doppiette calibro 12 con matricola abrasa;

–        pistola mitragliatrice Skorpion con silenziatore;

–        fucile tipo Kalashnikov calibro 7.62.

Veniva anche sequestrato un computer portatile, materiale cartaceo vario ed una autovettura Volkswagen Caddy oggetto di furto nel 2011 in provincia di Catania.

L’operazione è proseguita durante tutta la giornata ed ha portato, nel corso della notte, al fermo, con provvedimento della DDA di Messina, delle seguenti persone che nel corso delle indagini erano sono state individuate come facenti parte della rete di fiancheggiatori dei due latitanti:

–        GALATI SANSONE Sebastiano, cl. 1976;

–        GALATI SANSONE Giuseppe, cl. 1961;

–        GALATI SANSONE Oscar, cl. 1985;

–        LA FORNARA Salvatore, cl. 1954;

–        BONTEMPO VENTRE Carmelo, cl. 1973;

–        TILENNI SCAGLIONE Sebastiano, cl. 1986.

A queste, si aggiunge l’arresto, eseguito immediatamente prima dell’intervento, di CANIGLIA Giuseppe, cl. 1982, figlio del proprietario del fondo ove erano ospitati i latitanti, catturato nelle pertinenze dell’abitazione ove vivevano i due latitanti.

L’attività tecnica eseguita (intercettazioni, servizi di osservazioni mediante telecamere, ecc.) dimostra come i predetti soggetti supportassero i due latitanti, fornendoli di quanto necessitavano (viveri, acqua, medicinali, ecc.), accompagnandoli negli spostamenti e sorvegliando l’area per individuare eventuali presenze sospette.

La diversa provenienza geografica dei favoreggiatori, Lentini (SR), Randazzo (CT) e Tortorici (ME), è l’ulteriore  conferma della vasta e ramificata rete di appoggio di cui i fratelli MIGNACCA godevano.

L’operazione è stata condotta impiegando personale dei Comandi Provinciali di Messina, Catania e Siracusa.

I fratelli Mignacca erano latitanti dal 2008, quando la corte d’Assise di Messina li condannò entrambi all’ergastolo con sentenze definitive per associazione mafiosa, omicidi, rapine, estorsioni ed altri reati. In origine allevatori, in seguito titolari di un’impresa di materiale edile (poi sequestrata) a Braidi, frazione di Montalbano Elicona, l’ascesa criminale dei fratelli Mignacca, in una zona posta a cavallo tra i territori del barcellonese e del tortoriciano, è stata abbastanza rapida. Il più grande, Vincenzino, classe 1967, fu arrestato nell’ambito del blitz di polizia e carabinieri che sfociò nell’autunno del 1991 nel famoso processo dei taglieggiatori di Capo D’Orlando, ma fu poi assolto per non aver commesso il fatto. Successivamente, però, i due fratelli Mignacca, caddero nella rete dell’operazione “Mare Nostrum” (223 arresti il 6 giugno 1994), che ha portato nel 2011 alla condanna definitiva in Cassazione di Vincenzino a 4 ergastoli e di Calogero a 4 anni e 10 mesi per associazione a delinquere di stato mafioso, e il primo per vari omicidi. I due sono stati inoltre oggetto delle operazioni “Romanza” e “Icaro”, che sgominarono le attività criminali del clan tirrenici e nebroidei. I fratelli, soggetti alla misura di sorveglianza speciale, si diedero dunque alla fuga.

Tra i numerosi omicidi per i quali i fratelli MIGNACCA sono stati individuati quali autori materiali o mandanti si citano:

–        l’omicidio Maurizio Vincenzo IOPPOLO, già “esattore” delle tangenti per conto dei Bontempo Scavo nella zona di Brolo ed eliminato quando aveva pensato di “mettersi in proprio”.

–        l’omicidio di GUIDARA Giuseppe, avvenuto in Sant’Angelo di Brolo nel settembre del 1996, cagionato per assicurarsi un “pizzo” sulle false assunzioni di braccianti agricoli e sulle conseguenti provvidenze economiche gestite dalla vittima;

–        l’omicidio di BARTOLONE Vincenzo, avvenuto in Tripi nel maggio del 1996, cagionato da rivalità di mestiere e asserite attenzioni della vittima per BUGGE’ Stefania, successivamente divenuta moglie del MIGNACCA Vincenzo;

–        il tentato omicidio di ALOSI Nunziato, avvenuto in Barcellona Pozzo di Gotto nel giugno del 1997, cagionato da rivalità di mestiere ed esigenza di riaffermare il loro “primato” criminale nel territorio;

–        l’omicidio di MANIACI BRASONE Calogero, avvenuto in Brolo nel gennaio del 1997, cagionato dalla necessità di assicurare un clima di “tranquillità” alle case da gioco gestite dall’organizzazione criminale.

Dai processi è peraltro emerso come i MIGNACCA avessero costituito, all’interno dell’associazione mafiosa, un proprio sottogruppo (Gruppo cd. Mignacca) che veniva gestito paritariamente dai due fratelli.

I latitanti di questo livello richiedono impegno univoco tecnologie avanzate per le indagini e infine l’azione di arresto – afferma Casarsa del Comando provinciale di Catania.  “L’ intervento è stato da manuale: non è stato sparato un colpo anche se l’obiettivo era altamente pericoloso”. 

L’Arma dei Carabinieri afferma che “Grazie alla capillarità è stato possibile ottenere questi risultati. Il latitante vive ritmi particolari e richiede attività investigativa particolare. C’è stato un forte lavoro di squadra. Le indagini non hanno avuto inizio da una casualità ma da un lavoro di intelligence”. L’arma esprime anche  “Cordoglio per la perdita di una vita umana” e spiega come i latitanti siano stati storditi, nel senso che è stato creato un diversivo. “Calogero non ha avuto nessuna reazione anche dopo aver saputo che il fratello si è sparato e si è rifiutato anche di firmare l’arresto”. 

 

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