Mafia e politica, Mario Nasone: “la legge sullo scioglimento dei comuni per mafia è da rivedere”

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Di seguito la nota diffusa da Mario Nasone Presidente Centro Comunitario Agape: Da quando sono nata succhio mafia. Lo  ha detto una ragazza di Melito Porto salvo durante un incontro. Una frase pesante. Poteva dire respiro mafia, ma ha utilizzato invece  un termine ancora  più forte  che dà l’idea di qualcosa che ti entra dentro il corpo,che ti nutre come una sorta di latte materno. Una considerazione amara, ma anche una sorta di appello alle Istituzioni ed alla società tutta Melitese che dovrebbe avviare una azione di rinnovamento e di risveglio civile per liberarsi finalmente quella comunità dalla morsa della ndrangheta. Un grido di dolore che non a caso  viene da Melito,  uno dei tanti Comuni sciolti per mafia che nel suo piccolo ha il record di ben tre commissariamenti  per infiltrazione mafiosa, un comune che di fatto è rimasto sotto il controllo di uno dei clan che hanno scritto la storia della ‘ndrangheta in provincia di Reggio Calabria nonostante l’intervento pesante dello Stato. «Melito Porto Salvo è stato sciolto per ben tre volte, a dimostrazione che la ‘ndrangheta – laddove è presente – condiziona anche il voto e condizionare il voto significa condizionare l’attività dell’amministrazione che da esso deriverà», ha detto il procuratore capo Federico Cafiero de Raho “ ma se ci sono tre scioglimenti del Comune, che non risolvono il problema dell’infiltrazione dei clan in quella realtà, bisognerebbe iniziare a pensare soluzioni diverse da un mero commissariamento». Anche a Reggio Calabria il problema si è evidenziato in questo anno di commissariamento. Fermo restando che lo scioglimento andava fatto,al di là di quelle che sono state delle imprecisioni contenute nella relazione della commissione d’accesso e che hanno colpito ingiustamente alcune realtà del terzo settore. E’ sotto gli occhi di tutti  che  l’esperienza del commissariamento non è stata incisiva come ci si aspettava. La colpa non è certamente  dei funzionari inviati i quali hanno potuto soltanto gestire l’emergenza senza potere contare su risorse economiche ed umane che il Governo centrale doveva assicurare e che pur aveva anche promesso. Commissari che di fatto si sono blindati a Palazzo S. Giorgio  deludendo chi sperava che con il loro avvento  si potesse vivere in questo periodo una stagione di ripristino della democrazia, di partecipazione alla vita amministrativa e di governo locale, di trasparenza nella gestione della cosa pubblica, d’iscrizione di nuove regole per prevenire in futuro condizionamenti ed infiltrazioni mafiose. E’ emblematico come nessun bene confiscato alla mafia sia stato fino ad oggi assegnato, per non parlare delle ben 39 strutture pubbliche censite che si trovano in uno stato di degrado e di abbandono nonostante tante associazioni ne abbiano chiesto l’utilizzo o del degrado delle periferie sempre più abbandonate. Eppure le proposte non sono mancate, penso a quella di attivazione delle consulte, del bilancio partecipato, della casa delle associazioni, della riforma e dell’aggiornamento dello statuto comunale, di un protocollo di legalità sugli appalti con la creazione di un Albo delle imprese fiduciarie del Comune. Tutte proposte  peraltro a costo zero!Una eventuale proroga del commissariamento avrebbe un senso solo se ci fosse una assunzione d’impegni, una agenda di lavoro, che si prefiggesse di realizzare almeno alcuni di questi obiettivi lasciando a chi dovrà governare Reggio un sistema di regole a cui attenersi.  Mentre andiamo verso la fine del commissariamento forse è anche giunto  il momento di fare una seria verifica sulla attuazione della normativa e sui correttivi da apportare non per abolirla,  ma per renderla più incisiva. Se necessario, bisogna pensare a commissariamenti anche più lunghi se questi dovessero servire ad operare un vero risanamento amministrativo ed a favorire il ripristino della democrazia. Anche la Commissione Parlamentare antimafia  già nel 2006 ha dichiarato che “l’applicazione di dette norme, che pure rivestono un’importanza fondamentale nel più ampio contesto della strategia di contrasto alla criminalità organizzata, non ha fornito sempre i risultati sperati, poiché spesso lo scioglimento non ha rappresentato, per gli enti locali interessati da condizionamenti o da infiltrazioni di tipo mafioso, occasione di rinnovamento e di sottrazione dal giogo che la criminalità organizzata impone con il controllo delle attività amministrative”. Un aspetto fondamentale è quello relativo ai commissari nominati a seguito dello scioglimento.  Innanzitutto sarebbe opportuno che  nella  individuazione dei tre commissari straordinari, fosse anche considerata la loro capacità manageriale. Spesso queste persone sono ottimi servitori dello Stato abituati a  svolgere compiti amministrativi e d’ufficio ma non a svolgere una azione di governo e di dialogo con la comunità, elementi indispensabili per chi viene inviato in una città di 170.000 abitanti come Reggio. In particolare nei piccoli comuni  questi funzionari non possono svolgono contemporaneamente anche  altri  incarichi  e ridurre la loro presenza ad  una o due volte la settimana, tenendosi scrupolosamente lontani dai cittadini e dalle forze sociali visti con più o meno sospetto. Lo stesso Presidente del Senato Piero Grasso, quando era procuratore Nazionale antimafia, dichiarò:  La legge sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione mafiosa va rivista”.  Bisogna cercare di restituire efficacia all’atto di scioglimento dei comuni, per poter risolvere i problemi delle amministrazioni comunali. E’ un mezzo, però, che da solo non risolve tutta la  questione perchè accanto agli interventi sull’ente locale, comune o provincia, occorre prevedere tutta una serie di attività sul territorio, che portino tutte le istituzioni a fare insieme scudo contro le infiltrazioni mafiose e il tentativo di condizionamento della criminalità organizzata”. Su questo tema è importante aprire una discussione bi-partisan che non si presti ad operazioni ideologiche o ad un uso politico per colpire l’avversario. Serve mettere mano con urgenza  ad una normativa che è stata emanata per difendere le comunità dall’aggressione mafiosa e che deve pertanto servire allo scopo. Analogamente la classe politica, senza aspettare l’intervento pesante della Magistratura, deve introdurre regole e comportamenti che la rendano  impermeabile  al condizionamento mafioso. Serve anche ripristinare una forma di controllo amministrativo degli atti del comune per evitare nuovi casi Fallaro di utilizzo spregiudicato delle risorse pubbliche. Ai cittadini ed alle associazioni spetta il compito fondamentale  di non delegare, di assumersi le responsabilità di  controllo e di partecipazione attiva  alla vita della comunità.

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