Nelle discariche della camorra ci finiva di tutto. I fusti, che contenevano i rifiuti, provenivano dalla Germania, Arezzo, Massa Carrara, Genova, La Spezia, Milano. A procacciare i fornitori, a detta di Schiavone, erano “manager in doppiopetto che si muovevano in Lombardia”.
Per nascondere i rifiuti, i “tecnici” del clan scavavano da un minimo di “un metro e mezzo” a un massimo di “30-40 metri”, utilizzando anche le vasche ittiche e i laghi.
Schiavone ammette: “Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli se la gente moriva o non moriva? L’essenziale era il denaro”.
E’ assolutamente opportuno che le Istituzioni preposte prendano tutte le precauzioni del caso. La tragica vicenda, nascosta per anni, anche se tutto sanno e sapevano, non può concludersi a “tarallucci e vino”.