Il pentito Schiavone: “Rifiuti tossici in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia”

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Un audizione davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare sui rifiuti, risalente al 7 ottobre 1997, rimasta segreta e resa pubblica solo due giorni fa su decisione dell’ufficio di presidenza della Camera dei deputati, fa “tremare” l’intero Sud. Il pentito dei casalesi aveva svuotato il sacco già 16 anni fa. In una cinquantina di pagine, Schiavone, racconta l’interessamento del clan camorristico campano verso i rifiuti tossici e il business che ne consegue. Il pentito racconta che, in origine, furono i boss Francesco Schiavone Sandokan e Francesco Bidognetti a gestire direttamente il traffico di rifiuti a Caserta. L’ex camorrista afferma esplicitamente che “entravano soldi a vagonate dall’immondizia”.

Nelle discariche della camorra ci finiva di tutto. I fusti, che contenevano i rifiuti, provenivano dalla Germania, Arezzo, Massa Carrara, Genova, La Spezia, Milano. A procacciare i fornitori, a detta di Schiavone, erano “manager in doppiopetto che si muovevano in Lombardia”.

Per nascondere i rifiuti, i “tecnici” del clan scavavano da un minimo di “un metro e mezzo” a un massimo di “30-40 metri”, utilizzando anche le vasche ittiche e i laghi.

Schiavone ammette: “Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli se la gente moriva o non moriva? L’essenziale era il denaro”.

E’ assolutamente opportuno che le Istituzioni preposte prendano tutte le precauzioni del caso. La tragica vicenda, nascosta per anni, anche se tutto sanno e sapevano, non può concludersi a “tarallucci e vino”.

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