Calabriaonweb, intervista al critico letterario Walter Pedullà

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Calabria“Non stiamo generando nulla di nuovo e l’ineleganza viene sostituita dalla volgarità”: lo afferma Walter Pedullà, uno dei maggiori critici letterari del secondo Novecento.
In un’intervista pubblicata da “Calabria on web”, il magazine edito dal Consiglio regionale (www.calabriaonweb.it), Pedullà – che è stato docente alla “Sapienza” di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea, presidente della Rai e del Teatro di Roma, definito (Andrea Cortellessa) “lo sciamano che ride, il più agitato, e insieme il più disincantato, fra i grandi critici della sua generazione”, non ha dubbi circa lo stato di salute del teatro e della televisione.
A Zina Crocè, che lo incalza con le domande, risponde: “Sta sicuramente meglio il teatro che non la televisione, che però conta molto di più. Questa, messasi all’inseguimento e al servizio di telespettatori pigri non fa nulla per svegliarli. Il fatto d’essere sotto gli occhi le dà enormi responsabilità. Non fa abbastanza per far
capire la situazione e le cause della crisi. L’intrattenimento è spesso demenziale. Buona l’informazione de La 7 e della Rai. E ci sono alcuni programmi di approfondimento da vedere e da ascoltare. La televisione è sempre da vedere per rifletterci sopra, anche sopra i programmi sbagliati. E’ il terreno comune della conversazione quotidiana. Il pericolo è che la gente pensi alla Tv come a un sonnifero”.
Direttore e fondatore delle prestigiose riviste “L’Illuminista” e “Il Caffè Illustrato”, e soprattutto, ideatore e curatore di “Cento Libri per Mille Anni”, la più ricca antologia della critica italiana di tutti i tempi, Pedullà considera Stefano D’Arrigo (l’autore di “Horcynus Orca” di cui Pedullà era amico fraterno e di cui sta curando per Rizzoli l’opera omnia), “uno dei dieci maggiori narratori del Novecento, mi coinvolge, fra l’altro, come uomo del Sud vissuto a contatto col mare. E alcuni episodi di Horcynus Orca appartengono al meglio della letteratura mondiale d’ogni tempo, come d’altronde il Pasticciaccio di Gadda”.
Alla domanda sul compito della letteratura, “quando la vita non è elegante”, Pedullà risponde con Walter Benjamin: “Generare esigenze. Il riso è un ottimo avvio per la dialettica. Continuiamo a smascherare le imposture, proteggendo quelle persistenze che convalidano i valori del passato, per esempio l’uguaglianza, la libertà, la lealtà, l’onestà. Ma il mio ottimismo è oggi messo a dura prova. Pensavo bastasse l’ironia o altra comicità, ma debbo svegliarmi. L’incubo non è stato mai altrettanto opprimente”.
Mezzogiorno e letteratura: “Alla Calabria – chiarisce il critico letterario d’origine sidernese – si addice di più l’epica della realtà: si capisce cosa succede e chi è colpevole, nulla è assurdo. L’angoscia è malattia esistenziale, ma in Calabria è reazione logica a una realtà che è assurda solo perché si è impotenti a mutarla. Il meglio viene dall’epica della realtà, gli scrittori insistano a spiegarci perché la criminalità ha vinto sul desiderio di giustizia sociale. Forse non si tratta solo di una questione morale. Forse bisogna ricominciare dalla società. Il boom economico nutrito dal sacrificio degli emigranti calabresi ha cambiato anche la moralità. Se non si dà lavoro ai giovani, non li difenderemo abbastanza dalla tentazione della
criminalità. Una concorrenza spietata e insuperabile, se lo Stato manda giù
soltanto poliziotti”. Sulla pubblicazione di molti libri che hanno la vitalità degli insetti (“appena finisce la stagione sono finiti”), Pedullà è pungente: “Campanella ci pensava dieci volte prima di mettere sulla carta un’idea. C’è pure una scrittura leggera e profonda ma è la più difficile da fare. La scrittura corriva è come l’acqua, ma non servono a nessuno i libri scritti sull’acqua. Ai troppi scrittori d’oggi consiglio di leggere di più, non solo narrativa, ma anche storia, scienza, antropologia, sociologia, psicologia. Sembra una battuta ma ci sono più scrittori che lettori, e questo è detestabile”.
Dalla carrellata sugli autori calabresi “giovani” (Gangemi, Criaco, Abate) descritti nell’intervista, che è quasi un compendio su letteratura e società, emerge un giudizio positivo. Ed infine: “La questione meridionale sarà risolta il giorno in cui al Sud si vivrà come al Nord, ma ora c’è una retromarcia. Aumenta il divario? Non è un punto di vista. Ci stiamo allontanando dall’Europa? Serve una letteratura che attiri l’attenzione dell’Europa sul suo Sud, cioè sul Mezzogiorno d’Italia”.

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