Monsignor Morosini: ”lascio la locride peggio di come l’ho trovata”

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”Lascio la Locride in una situazione peggiore di come l’ho trovata sia dal punto di vista economico che sociale”. Sono le parole che l’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha scritto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in una lettera che ha preceduto di qualche giorno il suo trasferimento dalla diocesi di Locri-Gerace a quella di Reggio Calabria-Bova. Il presule ha ricordato l’incontro avuto col Capo dello Stato quando, cinque anni fa, lascio’ Roma per prendere possesso della diocesi di Locri e in quella occasione Morosini e Napolitano parlarono dei temi della crescita e della legalita’.

”La crisi economica, che ha piegato l’Italia -prosegue Morosini- ha distrutto completamente ogni velleita’ di rinascita economica della Locride. In questi anni abbiamo solo perso: scuole, presidi sanitari, treni, uffici postali e di altra natura, ospedali. Agli abitanti dei piccoli centri, emarginati gia’ per l’impraticabilita’ delle strade, non resta che chiudere casa e bottega e aumentare la poverta’ dei centri costieri, ove ormai neanche le caritas parrocchiali e diocesana riescono piu’ a tenere dietro alle richieste di cibi, medicine, viaggi e di altri aiuti sociali”.

L’arcivescovo esprime ”tutto il mio rammarico per la politica che viene adottata nei confronti della Locride: non e’ una politica di liberazione e di riscatto, perche’ incentrata prevalentemente sulla repressione. Nulla da eccepire sull’azione di repressione della delinquenza, ma e’ necessaria un’azione di prevenzione, che non puo’ essere svolta solo a livello di educazione teorica e morale”.

“Lo Stato -insiste Morosini- deve svolgere un’azione di promozione a favore della collettivita’. Si tratta anzitutto del lavoro che manca, poi dei servizi necessari allo sviluppo e ad una conduzione dignitosa della vita. Il cittadino ha il diritto di vedere il volto amorevole dello Stato, che si prende cura di lui, e non guardare ad esso solo come ad una forza repressiva. Se il cittadino non e’ servito, non ama le istituzioni, dalle quali prendera’ le distanze, ponendosi in una situazione di odio e di conflittualita”’.

Morosini chiede che i problemi del territorio vengano affrontati ”con coraggio e lungimiranza a livello legislativo; mi riferisco in modo particolare -scrive- alla legge sullo scioglimento dei Comuni, a quella sulla carcerazione preventiva, ai certificati antimafia per lavorare. Sono in gioco i diritti della persona. Un Comune sotto inchiesta, prima di essere sciolto, ha diritto ad una legittima difesa; cosi’, per finire in carcere bisogna avere una elevata certezza che un cittadino abbia commesso il reato: non basta una semplice illazione”.

L’arcivescovo interviene anche sul mondo delle imprese: ”Quando una ditta o piccola impresa e’ riconosciuta fuori dei giri mafiosi, ad essa va restituito subito il certificato antimafia tolto, perche’ e’ in gioco il lavoro di operai”. L’arcivescovo inserisce nella lettera il problema delle carceri e del reinserimento del carcerato nella vita sociale. ”Non possiamo enfatizzare la confisca di beni alla malavita organizzata, e dimenticarci che non c’e’ lavoro, mancano strutture aggregative e sportive per i giovani, specialmente nei piccoli centri – conclude – Il ministero degli Interni ha concesso nel 2010 circa 20 progetti Pon; sono passati tre anni e non ne e’ partito ancora uno, a causa della lunga burocrazia”.

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