Jessica Amaddeo e Mario Nasone: “Giovani e cultura, l’antidoto su cui scommettere: le risorse della Calabria”

StrettoWeb

Di seguito la nota diffusa da JESSICA AMADDEO E MARIO NASONE:

Il sole picchia forte sulla piazza del paese, è l’ora della pennicchella, tutto tace, un giovane posiziona il suo treppiedi per scattare delle fotografie ad una stele che ricorda le vittime di mafia di quel territorio. Il silenzio viene rotto da un: “chi stati facendu giuvinottu?”. La domanda arriva da alcuni adulti che sostavano in piazza e che si sono incuriositi della presenza del giovane che stava fotografando proprio quella ‘brutta’ stele per un lavoro universitario sulle donne nella ndrangheta. Il giovane sorpreso risponde semplicemente che gli scatti servono per l’università. La replica è immediata: “Abbiamo capito giovanotto però viriti che non è na bella foto chidda chi stati facendo, non è meglio chi fotografate chacchi bello affacciu?”- con riferimento a zone del paese da cui ammirare un bel panorama. Il giovane non replicò e giunto al termine del suo lavoro smontò il treppiedi e lasciò la piazza.
Un siparietto, una piccola scenetta vissuta qualche giorno fa in un comune calabrese ad alta densità mafiosa, che rappresenta al meglio le due Calabrie: da un lato quella degli adulti, irrimediabilmente intossicata, legata ai vecchi sistemi, chiusa in logiche di potere che hanno fatto di un territorio terra bruciata; dall’altro quella di un giovane che forte della sua di legge, delle proprie passioni, di idee e valori carichi di vita, ha deciso di raccontare ribellione e antimafia facendone oggetto del proprio lavoro di ricerca.
Due generazioni a confronto quindi, un confronto che ha ancora più significato quando il suo centro diventa la vita di una comunità, il futuro di un territorio e la sorte dei suoi figli. Un confronto che assume ancora più importanza in un periodo in cui- con ingiustificabile ritardo- si inizia a dare più valore ai giovani considerandoli finalmente risorsa su cui investire e scommettere.
Si dice spesso che dalla Calabria i giovani scappano, che un contesto simile non li aiuta a crescere, ad essere ambiziosi e a realizzarsi, eppure sono poche le volte che ci si ferma a pensare a cosa fanno quelli che invece rimangono, cosa possono realizzare e trasmettere, cosa possono seminare per il futuro. E tal volta lo fanno letteralmente, seminando e lavorando nei campi confiscati alla mafia e gestiti da ‘Libera’, assumendosi responsabilità e impegno verso una terra che grazie ai più “piccoli” si riscatta e dà l’esempio. Perché l’esempio non ha età e può essere colui che ha fatto di legalità, coscienza e rispetto la propria cultura, il proprio stile di vita, il proprio modello educativo; l’esempio è chi ha aperto i propri orizzonti senza chiudere gli occhi davanti alla propria realtà, chi ha chiuso la bocca solo per ascoltare ma non si rifiuta di parlare, raccontare, fosse anche con una fotografia un po’ “scomoda”.
I figli di oggi, si sa, saranno i padri di domani, quegli adulti che con quanto appreso daranno alla propria terra una mano a ricomporsi, ad allontanarsi da vortici di vecchi sistemi, che rifiuteranno l’idea che un cognome fa di qualcuno una persona ‘d’onore’, contribuendo a generare una controcultura per lungo tempo ambita.
Ecco quindi perché i giovani sono risorsa: sono la tavola su cui scrivere la storia corretta, un bacino di energie, idee e competenze da far fruttare; chiedono alla propria terra di ricomporsi, di guardare dal giusto lato, di scegliere tra loro e vecchie logiche e loro stessi scelgono una stele al bel panorama, consapevoli del valore che i simboli hanno in alcuni territori.
Sono una scommessa sana e vincente per una Calabria che non può perdere certe battaglie

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