Attentato a Palazzo Chigi, chiesto giudizio immediato per l’esecutore

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images Con la sua Beretta 7.65 ha sparato sette colpi all’indirizzo di quattro carabinieri, ferendo in modo molto grave il brigadiere Giuseppe Giangrande e, in maniera più lieve, altri due militari che, assieme a un quarto collega gettatosi a terra e rimasto illeso, erano in servizio davanti a Palazzo Chigi, la mattina del 28 aprile, giorno dell’insediamento del governo Letta. Deve rispondere, dunque, di quadruplice tentato omicidio, oltre a detenzione, porto e ricettazione dell’arma da fuoco Luigi Preiti, il disoccupato calabrese di 46 anni, per il quale la procura di Roma ha chiesto oggi il giudizio immediato.

Il procuratore capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Antonella Nespola ritengono di aver acquisito tutti gli elementi per portare direttamente a processo Preiti, saltando così l’udienza preliminare. L’uomo, detenuto a Rebibbia dal giorno dell’arresto, avrebbe agito da solo e senza avere alcun ‘input’ esterno. Gli inquirenti hanno setacciato ben due anni di telefonate che Preiti avrebbe fatto in entrata e in uscita per capire se avesse avuto contatti con esponenti della criminalità. Dalle analisi dei tabulati è emerso che le telefonate sono state ben poche e quasi tutte hanno riguardato l’entourage familiare di Preiti, a cominciare dal figlio minorenne che vive con la ex moglie e dal fratello che risiede in un’altra città. Dalle analisi dell’arma, invece, non è stato possibile risalire alla sua provenienza né comprendere se sia stata usata in altre precedenti azioni.

Allo stesso modo non è stato possibile riscontrare se quella Beretta sia stata acquistata al mercato nero di Genova, come raccontato da Preiti.

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