Catania, operazione ‘Fiori bianchi 3’: i nomi degli arrestati, c’è anche l’imprenditore Giorgio Cannizzaro

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Maxi blitz dei carabinieri contro il clan Santapaola a Catania e nella provincia etnea. Eseguite 77 ordinanze di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione ‘Fiori bianchi 3′, che si e’ avvalsa delle dichiarazioni del pentito Santo La Causa, ex reggente del clan, la magistratura e le forze dell’ordine hanno dunque decapitato l’organizzazione criminale, suddivista in citta’ e in provincia in gruppi. Trentaquattro dei destinatati dei provvedimenti restrittivi erano gia’ in carcere e due ai domiciliari. In manette sono finiti i responsabili che operano nei quartieri cittadini e tra questi Monte Po, Villaggio Sant’Agata, Lineri, Picanello, Stazione, San Cristoforo, San Giovanni Galermo, Librino, Civita e Cibali; e in alcuni comuni della provincia quali Paterno’, Belpasso, Mascalucia, Santa Venerina, Acireale, Fiumefreddo e Riposto. Fatta luce su 20 estorsioni commesse fin dal 1993: 18 commercianti e imprenditori hanno collaborato alle indagini, mentre altri due, reticenti, sono stati indagati di favoreggiamento nei confronti del clan.  ”Nell’ambito dell’inchiesta abbiamo avuto ben 18 imprenditori che hanno deciso di collaborare. E questo non e’ un dato che nasce dal nulla, ma dal lavoro molto duro dei carabinieri, e ha radici anche nella collaborazione di soggetti rilevanti in Cosa nostra”. Lo ha affermato il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, sull’inchiesta che ha portato all’arresto di 77 presunti mafiosi e a scoprire oltre 20 estorsioni. ”E’ un risultato utile – ha spiegato il magistrato – per fare capire ai cittadini che e’ possibile avere dei risultati positivi. Io spero che si riescano ancora a rafforzare i tempi del nostro intervento, perche’ e’ altrettanto importante che farlo bene”. Con l’operazione ‘Fiori bianchi 2′, la Direzione distrettuale antimafia di Catania ritiene di ”aver assestato un duro colpo a Cosa Nostra etnea”. L’organizzazione era stata gia’ ”duramente provata dalle ultime retate” eseguite dal comando provinciale dei carabinieri, coordinate dalla Procura della Repubblica, ”grazie soprattutto alla coraggiosa collaborazione delle vittime del racket che hanno scelto di valicare il confine del silenzio e dell’omerta’ per approdare nella legalita”’.

Durante le indagini dei carabinieri coordinate dalla Dda della Procura di Catania, alcune tra le venti estorsioni scoperte hanno visto, in un quadro di rispetto della sicurezza delle vittime, l’intervento tempestivo di militari dell’Arma con servizi di appostamento, pedinamento e osservazione, che si è concluso con l’arresto in flagranza degli estorsori. Il 3 giugno 2010, è stato arrestato Giovanni Luca Davide Messina, subito dopo che aveva intascato una tangente da 400 euro in un noto ristorante di Belpasso. Il 20 dicembre del 2010 Salvatore Politini è stato ammanettato da un carabiniere travestito da Babbo Natale all’uscita di un negozio di Misterbianco dove aveva appena riscosso 460 euro. Altri episodi scoperti più di recente sono l’estorsione ad un noto bar-pasticceria di Librino, che ha condotto il 28 gennaio 2013 all’arresto in flagranza di reato di Davide Enrico Finocchiaro e al fermo, il 31 gennaio successivo, di Salvatore Aiasecca , Angelo Mirabile, Salvatore Gerardo Marro, Salvatore Licciardello, Davide Seminara e Orazio Papale, tutti ritenuti organici alla frangia ‘santapaoliana’ del Villaggio Sant’Agata. Scoperta anche un’estorsione a un imprenditore di Paternò che l’8 e l’11 marzo scorsi è sfociata nell’arresto di Domenico Filippo Assinnata , Salvatore Assinnata , Salvatore Chisari, Giuseppe Fioretto, Rosario Indelicato, Giovanni Messina, Lorenzo Pavone, Pietro Puglisi e Salvatore Scuderi, tutti ritenuti affiliati alle cosche ‘santapaoliane’ di stanza nel comprensorio di Paternò e nel quartiere catanese di Picanello. L’inchiesta della Dda di Catania ha permesso di accertare accertare le diverse modalità di imposizione del pizzo adottate dalla consorteria tra il 1993 e il 2010 che prevedevano la riscossione mensile, trimestrale o annuale di importi che si aggiravano complessivamente tra i 2.000 e i 6.000 euro annui per ciascuna delle attività sottoposta al ‘pizzo’. Alcuni degli indagati sono coinvolti nello spaccio di cocaina e marijuana in alcuni quartieri di Catania, i cui proventi erano destinati alle casse dell’organizzazione. Scoperta anche la fittizia intestazione a terze persone di un’autoconcessionaria riconducibile di fatto ad affiliati al clan.

C’é anche l’imprenditore Giorgio Cannizzaro, 63 anni, tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita da carabinieri nell’ambito dell’operazione ‘Fiori bianchi 2′ della Dda della Procura di Catania. E’ stato arrestato a Roma, dove risiede. Secondo l’accusa avrebbe “intrattenuto per conto della ‘famiglia’ di Cosa nostra di Catania documentati ‘rapporti’ con i grossi imprenditori, appartenenti alla mafia siciliana e alla camorra”. Arrestato anche Francesco Ferrera, 49 anni, figlio del capomafia deceduto, Natale. Un provvedimento in carcere, perché già detenuto per altra causa, è stato notificato all’ergastolano Santo Battaglia, 52 anni, indicato come lo storico capo del gruppo del Villaggio Sant’Agata di Catania, che, secondo alcuni ‘pentiti’, “non ha mai reciso i suoi legami con la cosca e ha anzi continuato a percepire uno ‘stipendio’ mensile di 1.500 euro”. I collaboratori di giustizia hanno anche parlato di quelle che la Procura di Catania definisce “pericolose ed allarmanti collusioni tra gli esponenti della ‘famiglia’ catanese di Cosa Nostra e l’agente della polizia penitenziaria Giuseppe Seminara”, di 42 anni. L’ assistente capo in servizio nella casa circondariale di Catania-Bicocca è “ritenuto responsabile di aver messo a disposizione degli affiliati detenuti del clan, in più circostanze, telefoni cellulari, radio, orologi, champagne ed altro, oltre ad informarli delle traduzioni che riguardavano gli appartenenti alla ‘famiglia'”.

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