Reggio: 39 arresti per ‘ndrangheta, condizionavano anche voto comunità montane

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Sono accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, porto abusivo di armi da fuoco, usura, illecita concorrenza negli appalti pubblici, minaccia, intestazione fittizia di beni e d’altro le 39 persone arrestate questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria su richiesta del Gip della Procura Distrettuale Reggina che ha accolto le richiesta dei pubblici ministeri della stessa procura. Gli arresti sono stati eseguiti oltre che nelle province di Reggio Calabria, nella zona della locride in particolare, anche a Vibo Valentia, Cosenza e Como.

L’operazione che questa mattina ha portato in carcere 39 persone, denominata “Saggezza”, ha consentito di documentare gli organigrammi e le attività illecite dell’associazione accertando l’esistenza e l’operatività di cinque “locali” di ndrangheta, riferibili ai comuni di Antonimina (famiglia Romano), Ardore (famiglia Varacalli), Canolo (famiglia Raso), Ciminà (famiglia Nesci) e Cirella di Platì (famiglia Fabiano), individuandone le figure apicali che esercitano il controllo su tutto il loro territorio. I Carabinieri hanno individuato il circuito di interessi economici e societari riferibili agli indagati; in particolare, le attività economiche attraverso le quali gli stessi indagati, che le gestivano, conseguivano i propri profitti illeciti, acclarando ipotesi di condizionamento degli appalti pubblici mediante atti di concorrenza sleale, di gestione e controllo diretto ed indiretto di attività economiche nel settore edilizio, nel movimento terra e nel taglio boschivo in località aspro montane; di ostacolo al libero esercizio del voto (condizionandone l’elezione di organi istituzionali quali ad esempio il Presidente della Comunità Montana “Aspromonte Orientale”); un circuito di usura ed esercizio abusivo dell’attività di credito. Tutte accuse queste che la procura distrettuale Reggina ha contestato a vario titolo insieme alle altre ai 39 arrestati.

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